Dopo settimane di fragile cessate il fuoco, la tensione torna a salire nella Striscia di Gaza. Secondo il Ministero della Sanità palestinese, solo nelle ultime 24 ore gli ospedali del territorio assediato hanno ricevuto quattro nuovi corpi, tra cui due estratti dalle macerie e uno morto per le ferite riportate. Il bilancio complessivo dell'occupazione israeliana, iniziata il 7 ottobre 2023, ha ormai superato i 68.500 morti e i 170.400 feriti, numeri che fotografano una delle più gravi carneficine del XXI secolo.
Nonostante l'annuncio del cessate il fuoco dell'11 ottobre 2025, 94 palestinesi sono stati uccisi e 344 feriti da allora, mentre 474 corpi sono stati recuperati da diversi siti distrutti nei mesi di bombardamenti. Le autorità sanitarie di Gaza riferiscono inoltre che solo 75 dei 195 corpi recentemente restituiti da Israele sono stati finora identificati, a causa delle difficoltà logistiche e del vasto livello di distruzione che ancora ostacola i soccorsi.
Le autorità israeliane pretendono di giustificare la ripresa delle operazioni militari accusando Hamas di non aver rispettato i termini dell'accordo, per non aver consegnato tutti i corpi dei cittadini israeliani uccisi. Tuttavia, osservatori internazionali sottolineano come l'obiettivo di fondo sembri essere quello di mantenere una pressione costante su Gaza, consolidando la linea dura in vista delle elezioni previste per la fine del 2026.
L'altra faccia del conflitto: l'espansione coloniale in Cisgiordania
Parallelamente alla crisi di Gaza, in Cisgiordania prosegue una campagna di espansione coloniale senza precedenti. Secondo un'inchiesta pubblicata da Yedioth Ahronoth, il ministro delle Finanze e leader dell'estrema destra religiosa Bezalel Smotrich avrebbe accelerato il ritmo degli insediamenti e della confisca delle terre palestinesi, trasformando ogni decisione di governo in un tassello del progetto di annessione de facto.
Dal 2023 a oggi, la coalizione guidata da Benjamin Netanyahu ha promosso la costruzione di oltre 48.000 nuove unità abitative negli insediamenti al di fuori della Linea Verde, con un picco nel 2025. Solo quest'anno, il governo avrebbe dichiarato 25.960 dunum (circa 2.600 ettari) come "terre di Stato", contro i 28.000 dunum dichiarati in totale nei 27 anni precedenti. Gli analisti stimano che entro la fine del mandato l'esecutivo israeliano potrebbe raggiungere la cifra record di 50.000 nuove unità abitative.
Tra le aree più sensibili figura la zona E1, tra Gerusalemme e la colonia di Ma'ale Adumim: un'espansione lì significherebbe interrompere la continuità territoriale palestinese, compromettendo definitivamente la possibilità di uno Stato indipendente.
"Quello che non è stato formalmente un atto di annessione durante l'era Trump", ha spiegato Yoni Mizrahi, del movimento Peace Now, "oggi avviene sul terreno, metro dopo metro, con un'occupazione effettiva e quotidiana".
Attacchi ai civili e violenze dei coloni
Mentre si pianificano nuovi insediamenti, la violenza dei coloni israeliani continua a colpire la popolazione palestinese. Martedì, coloni armati hanno aperto il fuoco contro contadini intenti alla raccolta delle olive nei pressi di Huwara, a sud di Nablus, costringendoli a fuggire e ferendo almeno una persona. Secondo il Consiglio locale, gli attacchi contro agricoltori e raccoglitori sono ormai sistematici e mirano a rendere impossibile la vita nelle aree rurali.
Dati della Commissione per la Resistenza al Muro e agli Insediamenti indicano che, dall'inizio della stagione olearia a ottobre, si sono verificati 259 episodi di violenza, di cui 218 attribuiti a coloni e 41 a interventi diretti dell'esercito israeliano. Le aggressioni si concentrano principalmente nelle province di Ramallah (83 attacchi), Nablus (69) e Hebron (34), e spaziano da aggressioni fisiche e arresti arbitrari a blocchi stradali e sparatorie dirette.
Una strategia elettorale mascherata da sicurezza
Molti analisti ritengono che l'intensificazione simultanea della guerra a Gaza e dell'espansione in Cisgiordania non sia casuale. A un anno dalle elezioni, i partiti di governo, in particolare l'estrema destra dei coloni, cercano di consolidare il consenso interno con una retorica di forza e controllo totale dei territori palestinesi. Smotrich e i suoi alleati puntano a completare entro pochi mesi una serie di piani di "legalizzazione" delle colonie illegali, sfruttando la burocrazia israeliana per ridefinire vaste aree come "proprietà statale".
In questo modo, il peso della prova di proprietà verrebbe spostato sui palestinesi, rendendo più facile la confisca delle terre. Se questi piani dovessero concretizzarsi, la Cisgiordania rischierebbe di vedere dichiarate "terre di Stato" fino a 60.000 dunum all'anno, in un processo che molti osservatori descrivono come una annessione silenziosa ma sistematica.
Mentre Gaza continua a contare i morti e la distruzione, in Cisgiordania si costruiscono nuovi muri e nuove colonie. Due fronti di un'unica strategia: quella di consolidare il controllo israeliano su tutto il territorio palestinese, cancellando sul terreno qualsiasi prospettiva di pace o di sovranità nazionale palestinese. -


