Al termine dell’Assemblea degli Stati Parte della Corte penale internazionale (Cpi), riunita all’Aja, Amnesty International ha lanciato un appello chiaro: gli stati devono dimostrare concretamente di sostenere la giustizia internazionale e garantire che tutte le vittime dei crimini commessi nel Territorio palestinese occupato e in Israele vedano i responsabili chiamati a rispondere delle proprie azioni.

Agnès Callamard, segretaria generale dell’organizzazione, ha descritto la situazione attuale senza mezzi termini: il sistema di giustizia internazionale è sotto pressione come mai prima d’ora e la crisi israelo-palestinese rappresenta il banco di prova decisivo. Secondo Amnesty International, ignorare o diluire le responsabilità significherebbe alimentare l’ingiustizia e aprire la strada alla ripetizione delle atrocità.

Le accuse contro Israele: genocidio, apartheid e occupazione illegale
Amnesty International afferma di aver documentato in modo estensivo che Israele sta perpetrando il crimine di genocidio contro la popolazione palestinese della Striscia di Gaza, anche dopo l’annuncio del cessate il fuoco. L’organizzazione denuncia condizioni imposte deliberatamente per rendere impossibile la sopravvivenza della popolazione civile: fame, mancanza di aiuti essenziali, ondate di trasferimenti forzati, distruzione di infrastrutture indispensabili.

Il quadro è devastante: oltre 70.000 palestinesi uccisi in due anni, 200.000 feriti, e una comunità sottoposta a uno sfinimento sistematico. Parallelamente, Amnesty sottolinea che il crimine contro l’umanità di apartheid non si è mai interrotto e che decenni di occupazione illegale hanno creato il terreno fertile per un impianto di violenze strutturali, impunità e discriminazione radicata.

Anche la Cisgiordania vive una spirale crescente di violenza: operazioni militari, sfollamenti, demolizioni, attacchi dei coloni sostenuti dallo stato israeliano e un clima di totale mancanza di accountability.

Le accuse contro Hamas e altri gruppi armati palestinesi
Amnesty non risparmia nessuno. Oggi ha pubblicato una ricerca dettagliata sui crimini commessi da Hamas e da altri gruppi armati palestinesi durante e dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023.

Secondo l’organizzazione, gli attacchi sono stati condotti come parte di un’azione “massiccia e sistematica” contro la popolazione civile. Uccisioni deliberate, rapimenti, violenze fisiche, sessuali e psicologiche, maltrattamenti dei corpi delle vittime e la detenzione brutale degli ostaggi: questi atti costituiscono crimini di guerra e crimini contro l’umanità.

Amnesty denuncia l’evidenza secondo cui la maggior parte delle persone uccise il 7 ottobre è stata deliberatamente presa di mira dai gruppi armati palestinesi, nonostante le affermazioni di Hamas che tentano di attribuire molte delle morti al fuoco israeliano. Le testimonianze degli ostaggi sopravvissuti confermano condizioni di detenzione disumane, torture, violenze sessuali e minacce di esecuzione.

Una roadmap per la giustizia: nessuna parte è esentata
Amnesty International chiede agli stati di impegnarsi in una roadmap concreta che punti alla fine delle violazioni e alla piena accountability di tutti i responsabili. La giustizia, avverte Callamard, non può essere selettiva: deve riguardare tanto i crimini israeliani quanto quelli commessi dai gruppi armati palestinesi.

La roadmap dovrebbe prevedere:

  • pieno sostegno alla Cpi e alla Commissione d’inchiesta delle Nazioni Unite;
  • collaborazione nell’esecuzione dei mandati d’arresto;
  • annullamento delle restrizioni contro le organizzazioni palestinesi per i diritti umani;
  • uso degli strumenti giudiziari nazionali e della giurisdizione universale per perseguire i crimini internazionali.

La Cpi, dal canto suo, gioca un ruolo cruciale: le indagini sulla “situazione in Palestina” e i mandati d’arresto nei confronti del primo ministro Netanyahu e dell’ex ministro della Difesa Gallant rappresentano, per Amnesty, un passo indispensabile per rompere il ciclo dell’impunità.

Nessuna pace senza verità, giustizia e riparazioni
Amnesty International sostiene che la pace non arriverà attraverso accordi che ignorano il peso dei crimini commessi o che premiano de facto l’occupazione illegale e l’apartheid. Senza trasparenza, assunzione di responsabilità, processi equi e riparazioni autentiche, qualsiasi tregua rischia di essere una pausa tra un’ondata di atrocità e la successiva.

“Le vittime devono essere ascoltate, riconosciute e risarcite”, conclude Callamard. “Senza verità e giustizia, non esiste alcuna pace duratura.”

 

Riferimenti
www.amnesty.it/israele-tpo-occorre-giustizia-internazionale-per-tutte-le-vittime
d21zrvtkxtd6ae.cloudfront.net/public/uploads/2025/12/Targeting-Civilians-Oct7-Italiano.pdf