Fonte: DataRoom di Milena Gabbanelli, Corriere della Sera - Sono più di 670 milioni di euro. Soldi veri, non spicci trovati sotto i cuscini o regalati da Bruxelles. Sono denaro pubblico, tolto pezzo per pezzo da altri capitoli di spesa: istruzione, sanità, lavoro, cultura, ricerca. Mentre i licei cadono a pezzi, gli ospedali mancano di personale e i precari non sanno come pagare l’affitto, il governo ha deciso che la priorità è costruire centri per migranti… in Albania. Strutture oggi quasi vuote e già sotto accusa.
Un’operazione politica travestita da emergenza
Il 6 novembre 2023 l’Italia firma con l’Albania un protocollo: hotspot a Shëngjin per l’identificazione e maxi-centro a Gjadër per trattenere richiedenti asilo, irregolari da rimpatriare e persino un penitenziario. Tutto a gestione italiana.
Il governo promette velocità, “procedura accelerata” per sbrigare una pratica d’asilo in 28 giorni. Ma c’è un dettaglio non proprio irrilevante: questa procedura vale solo per chi proviene da “Paesi sicuri”. Peccato che stabilire se un Paese sia davvero sicuro non lo decide un comunicato del Viminale, ma i tribunali.
La giustizia demolisce la vetrina
Era previsto: trasferimenti in Albania e giudici italiani chiamati a convalidare il trattenimento in 48 ore. E infatti i tribunali hanno iniziato a bocciare.
4 ottobre 2024: la Corte di Giustizia UE chiarisce che “Paese sicuro” significa niente rischio di persecuzione, per nessuno, su tutto il territorio nazionale.
18 ottobre 2024: il Tribunale di Roma libera 16 migranti trattenuti in Albania. “Trasferiteli in Italia”, ordina.
Il governo corre ai ripari, fa decreti, inventa liste di Paesi sicuri, cambia il tribunale competente (dalla sezione di Roma alla Corte d’Appello).
Risultato? Nulla cambia. A febbraio 2025 la Corte d’Appello respinge 43 nuovi trattenimenti. E, come se non bastasse, rimanda ancora la questione alla Corte di Giustizia UE.
Il paradosso finale
Centri pensati per ospitare 3.000 migranti al mese. Dopo quasi due anni, il bilancio ottobrino 2025 è questo:
- 66 persone riportate in Italia per ordine dei giudici.
- Circa 20 detenute nei centri albanesi.
Vuoti. Costosi. Inutili.
Chi paga? Noi. E sappiamo anche da dove sono stati presi i soldi
Solo per il 2024 sono stati spesi 169,6 milioni di euro. Da dove arrivano? Ecco la radiografia dei tagli:
Per costruire le strutture (73,5 milioni):
- 10 milioni: Fondo straordinario Difesa (previsto per i Cpr in Italia).
- 15,8 milioni: Fondo esigenze indifferibili (quello usato per terremoti e calamità).
47,6 milioni: “Fondo di riserva”, cioè soldi tolti a 12 ministeri. I tagli maggiori:
- MEF: 18,3 milioni
- Università e ricerca: 3,9
- Cultura: 3,8
- Istruzione: 3,6
- Ambiente: 3,4
- Salute: 3,2
Per la gestione operativa (96,1 milioni):
- 14,9 milioni da Fondo interventi strutturali di politica economica.
- 1,3 milioni da Fondo emergenze.
80 milioni da 15 ministeri. Altri tagli:
- Esteri: 14,9 milioni
- MEF: 10,3
- Università: 9,3
- Infrastrutture: 8,4
- Agricoltura: 8,3
- Difesa: 7,1
- Lavoro: 6,4
Giustizia, Turismo, Istruzione, Salute, Cultura… anche qui si attinge.
Fate voi il quadro: mentre si taglia su scuole, ospedali, ricerca e servizi sociali, si stanziano milioni per centri che non funzionano.
Ma si va avanti lo stesso
Dal 2025 al 2028 ci sono già in bilancio altri 125 milioni l’anno, con buona probabilità che diventino di più. Intanto ActionAid ha fatto un esposto alla Corte dei Conti: vuole sapere se siamo davanti a “investimento strategico” o a propaganda costosa. Spoiler: la risposta è fin troppo chiara.
Questo il resoconto che di tali centri ne ha fatto pochi giorni fa il deputato di Più Europa Riccardo Magi:
Sono tornato in Albania, in uno dei due centri voluti da Giorgia Meloni ad un anno dalla loro apertura.
Strutture fantasma, costruite per nascondere più che per accogliere, per allontanare più che per capire.
Luoghi che servono a dire: non qui, non da noi.Dentro c’è un silenzio che pesa più delle parole. Nei corridoi vuoti senti che l’assenza è una scelta politica: quella di chi preferisce spostare le persone come fossero pacchi indesiderati, di chi vuole dare all’opinione pubblica l’illusione che il problema sia “lontano”. Ma la distanza non cancella la responsabilità.Guardando quelle stanze, ho capito che la disumanizzazione non è solo violenza. È l’indifferenza amministrata, la burocrazia che sostituisce lo sguardo, il linguaggio che trasforma le vite in flussi, in numeri.È la convinzione, subdola e rassicurante, che togliere dignità a qualcuno renda più sicura la nostra.Ma proprio i numeri oggi dimostrano che l’esperimento è fallito.
Questi centri non proteggono nessuno.
Sono monumenti alla propaganda.


