Negli ultimi cinque anni la crescita italiana ha superato quella di Germania e Francia, garantendo al tempo stesso il consolidamento fiscale. La spesa pubblica in percentuale del Pil e' diminuita strutturalmente da quando l'Italia e' entrata nell'euro e il rapporto debito/Pil sarebbe gia' diminuito nel 2025 se non fosse per l 'eredita' dei crediti d'imposta per l'edilizia". E' quanto osservano gli esperti di Goldman Sachs in un rapporto in cui rilevano come" nel frattempo, la politica e' stata stabile, con il governo Meloni in procinto di diventare il piu' longevo nella storia repubblicana italiana, e i sondaggi indicano un consenso stabile per la coalizione di governo in vista delle elezioni del 2027".
Il report è a firma di Filippo Taddei, dal 2023 managing director della banca d’affari Usa. Dieci anni prima, ovvero nel 2013, Taddei era stato scelto come responsabile dell’economia del Pd dall’allora segretario Matteo Renzi, incarico confermato l’anno successivo con l’aggiunta della delega al lavoro, diventando poi uno dei principali artefici del Jobs Act. Quindi il suo giudizio non può certo essere definito di parte ( al di là dell'autorevolezza dell'istituto finanziario che lo ha commissionato)
"Gli investimenti, anche grazie agli incentivi fiscali e al sostegno del Fondo europeo per la ripresa - si sottolinea nel rapporto - sono stati piu' resilienti che altrove in Europa. Un fattore chiave alla base del progresso dell'Italia verso un deficit di bilancio inferiore è stata la notevole riduzione della spesa per interessi in percentuale del PIL, una conseguenza diretta dell'adozione dell'euro. Questo cambiamento ha permesso all'Italia di capitalizzare sui minori costi di finanziamento e di creare spazio per aggiustamenti fiscali strutturali. Oltre a beneficiare della riduzione della spesa per interessi, l'Italia ha adottato misure proattive per ridurre strutturalmente la spesa complessiva in rapporto al PIL. Tuttavia, queste riforme hanno modificato la composizione della spesa pubblica, con un netto spostamento verso un aumento della spesa pensionistica." si legge nel report
In percentuale del Pil, gli investimenti non residenziali "sono piu' alti in Italia rispetto alla media dell'area euro o agli Stati Uniti". Il mercato del lavoro continua a migliorare e il tasso di occupazione ha raggiunto il livello piu' alto mai registrato. "Nonostante questa resilienza, la crescita della produttivita' non ha seguito lo stesso andamento. La produttivita' per lavoratore e' inferiore rispetto a vent'anni fa, gli italiani lavorano piu' ore e sono piu' anziani sul posto di lavoro rispetto ai loro omologhi europei. Mentre la quota di posti di lavoro nel settore manifatturiero e' scesa da 1/5 a meno di 1/6 dal 2000, la quota di lavori ad alto valore aggiunto nel settore dei servizi e' stata superata dalla Spagna". Le grandi imprese continuano a essere sotto-rappresentate in Italia rispetto ad altri paesi dell'Unione pesando sulla spesa in R&S. "Ci aspettiamo che la crescita potenziale italiana rallenti dallo 0,8% allo 0,5% nel 2030, a meno che cambiamenti strutturali non capitalizzino sull'attuale slancio ciclico". In particolare - si legge nel rapporto - "riteniamo che ci siano tre principali cambiamenti politici che potrebbero aiutare l'Italia a ottenere un miglioramento strutturale e che dovrebbero essere al centro dell'attenzione degli investitori. Primo, l'Italia continua a investire poco in prodotti di proprieta' intellettuale e in R&S: indirizzare il suo limitato spazio fiscale a sostegno di investimenti che aumentano la produttivita' sarebbe utile. Secondo, l'Italia trarrebbe beneficio da una riorganizzazione della composizione della spesa verso l'istruzione soprattutto poiche' meno giovani entrano nel mercato del lavoro. Terzo, sebbene il governo abbia aumentato l'attenzione politica sul sistema giudiziario, i tempi delle decisioni nei casi civili e commerciali - aree chiave per l'attivita' economica - rimangono molto piu' elevati rispetto ad altre giurisdizioni europee".

