C'è un inferno sotterraneo in Israele di cui nessuno nei palazzi del potere occidentali vuole parlare. Non è un'immagine metaforica: è un vero e proprio lager, nascosto sotto il complesso carcerario di Ramla, chiamato Rakevet. Lì, decine di prigionieri palestinesi vengono tenuti come fossero bestie da macello: senza luce, senza cure, senza diritti. E sì, anche senza un'accusa formale.
Gli avvocati che riescono a incontrarli raccontano scene che, se riguardassero qualunque altro Paese, avrebbero scatenato sanzioni internazionali, commissioni d'inchiesta, editoriali indignati sui giornali più “liberi” dell'Occidente. Ma qui no. Qui si tace, si guarda altrove, si giustifica.
Gli avvocati parlano chiaro: pestaggi, fame, ossa rotte lasciate marcire senza cure. Uno dei detenuti, YH, ha mascella, costole e spalla fracassate. Niente cure. Un altro racconta punizioni criminali: spezzare i pollici ai prigionieri. Sì, avete letto bene: spezzare i pollici. È tortura pura.

E stiamo parlando solo di Rakevet. Poi c'è Sde Teiman, il famigerato campo militare dove, da mesi, si susseguono denunce di omicidi, torture, violenze sessuali. Alcuni ex detenuti liberati durante il cessate il fuoco hanno raccontato orrori che dovrebbero bastare per portare un governo davanti a un tribunale internazionale. E invece niente.
I corpi dei prigionieri morti restituiti a Gaza parlano da soli: segni di esecuzioni, corde ancora al collo, mutilazioni. Scene da manuale della barbarie.

Il dato più nauseante? Israele continua a ripetere che sono tutte bugie. Tutte "accuse infondate". Certo, come no. Perché 9.200 detenuti, la maggior parte senza processo, sono un dettaglio irrilevante. Perché la definizione "detenzione amministrativa" dovrebbe far passare tutto come pratica burocratica, non come quello che è: un sequestro di Stato legalizzato.
E mentre queste atrocità emergono, il governo Netanyahu cosa fa? Spinge per introdurre la pena di morte, ovviamente solo per i palestinesi. Lo chiamano “terrorismo con motivazioni razziste”. La realtà è più semplice: apartheid giudiziario. E naturalmente le aggressioni dei coloni israeliani contro civili palestinesi non rientrano nella legge. Non sia mai che qualcuno disturbi l'impunità dei prediletti del sistema.
Il tutto è orchestrato da figure come Itamar Ben-Gvir, ministro dell'insicurezza nazionale — perché chiamarla “sicurezza” sarebbe una barzelletta — che da anni sogna uno Stato etnico senza palestinesi. Ora sta solo cogliendo l'occasione per accelerare tale processo.
#uefabanisrael #UEFANationsLeague #GazaGenocide #Gaza
— Reem Adnan Mustafa (@RadnanMustafa) October 17, 2025
STOP SUPPORTING #IsraeliNewNazism
This one of the Israelis Prisons called Rakevet Prison. This how they treat the Palestinians prisoners. #IsraelTerroristState https://t.co/43TtwRQxnt pic.twitter.com/wGFv4XcdlC
Rakevet non è un'anomalia. È un tassello. Un ingranaggio di un apparato carcerario costruito apposta per spezzare un popolo, nel corpo e nella mente. Detenuti tenuti senza processo grazie alla legge sui "combattenti illlegittimi" un trucco legale per trasformare chiunque in un sospetto permanente e lasciarlo marcire per anni in un carcere militare.
L'incertezza, il non sapere perché sei arrestato, è essa stessa una forma di tortura psicologica. Ed è usata scientemente.
È inutile girarci intorno: questo sistema non è autodifesa, non è lotta al terrorismo. È dominio coloniale allo stato grezzo. È violenza di Stato elevata a metodo. È punizione collettiva legalizzata.
E mentre tutto questo accade, molti continuano a definire lo Stato canaglia di Israele - Stato ebraico !!! - "la sola democrazia del Medio Oriente". Una frase così ipocrita che ormai suona solo come una presa in giro per i vivi e un insulto ai morti.


