Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha lanciato un avvertimento senza precedenti al governo israeliano: qualsiasi tentativo di annettere ufficialmente insediamenti in Cisgiordania comporterebbe la perdita totale del sostegno americano. Le dichiarazioni, pubblicate da Time Magazine, arrivano mentre la Knesset ha approvato l'iter di due proposte di legge che mirano ad applicare la sovranità israeliana su tutti gli insediamenti della Cisgiordania."Non accadrà. Israele perderebbe tutto il supporto dagli Stati Uniti," ha affermato Trump nell'intervista del 15 ottobre, ribadendo che si è impegnato con i Paesi arabi a impedire mosse unilaterali da parte di Gerusalemme. Parole che segnano un cambio di tono drastico nei confronti del governo Netanyahu e che di fatto mettono fine alle ambizioni dell'estrema destra israeliana.
Il voto che irrita Washington
Le due proposte – una generale e una specifica sull'insediamento di Maale Adumim – sono state avanzate dall'opposizione di destra, ma sono passate grazie al sostegno dei partiti ultranazionalisti che sostengono Netanyahu. La maggioranza dei deputati del Likud si è astenuta, evitando di votare apertamente contro un tema comunque popolare tra i propri elettori.
Il vicepresidente JD Vance, in visita ufficiale in Israele, ha definito il voto "stupido" e "offensivo", bollando l'iniziativa come una provocazione politica. "La Cisgiordania non sarà annessa da Israele. Punto," ha dichiarato Vance, specificando che tale linea è una posizione ferma e non negoziabile della Casa Bianca.
Anche il segretario di Stato Marco Rubio ha avvertito che un passo verso l'annessione metterebbe a rischio il piano di pace americano per mettere fine alla guerra tra Israele e Hamas.
Netanyahu sotto pressione
Il premier Benjamin Netanyahu si trova ora tra due fuochi: da un lato la crescente pressione dell'alleanza di estrema destra, che chiede l'annessione come risposta al riconoscimento dello Stato di Palestina da parte di vari Paesi occidentali; dall'altro la linea dura di Washington, senza il cui sostegno Israele rischierebbe l'isolamento internazionale.
Il Likud ha cercato di minimizzare il voto, definendolo "una manovra simbolica" dell'opposizione, priva di futuro legislativo. Ma l'irritazione americana è palpabile, e l'episodio rischia di incrinare ulteriormente i rapporti tra Netanyahu e l'amministrazione Trump.
Trump si prende il merito dello stop alla guerra a Gaza
Nella stessa intervista, Trump ha dichiarato di essere stato lui a costringere Netanyahu a fermare la guerra a Gaza, sostenendo che senza il suo intervento il conflitto sarebbe potuto continuare "per anni". Ha inoltre affermato di essere vicino a un accordo di normalizzazione tra Israele e Arabia Saudita, nonostante Riyad abbia più volte chiarito che il riconoscimento di Israele è subordinato alla nascita di uno Stato palestinese.
Il futuro della sicurezza a Gaza
Il vicepresidente Vance ha annunciato che una forza internazionale è in preparazione per disarmare Hamas e stabilizzare la Striscia di Gaza, mentre si lavora a una fase due del piano di pace. Ha confermato che sia Israele sia Hamas stanno attualmente rispettando il cessate il fuoco, pur ammettendo "eccezioni prevedibili" dopo due anni di guerra.
Netanyahu, secondo fonti israeliane, ha posto le sue condizioni: nessun ruolo per la Turchia, l'Autorità Palestinese o Hamas nel governo post-bellico di Gaza, e ritiro totale dell'IDF solo dopo la completa smilitarizzazione della Striscia.
Il premier palestinese, però, rischia di dover ingoiare un nuovo rospo. Infatti, nella stessa intervista, Trump ha affermato che si sta occupando della questione di Marwan Barghouti e che deciderà (lui!) se vuole che Israele lo liberi o meno. Barghouti è l'unica persona, nel mondo palestinese, che potrebbe unificare ANP e Hamas
Le parole di Trump non sono da registrare come di circostanza. Infatti, è la prima volta che un presidente USA minaccia esplicitamente di ritirare il sostegno a Israele, sostegno su cui poggia gran parte del sistema di difesa dello Stato ebraico. Il segnale è chiaro: l'annessione della Cisgiordania non è solo una linea rossa diplomatica, ma un potenziale punto di rottura storico tra Washington e Gerusalemme.


