Una domanda posta durante una conferenza stampa della Commissione UE è bastata per mettere fine al rapporto di lavoro tra il giornalista Lorenzo Nunziati e l’agenzia di stampa Nova.

Tutto è iniziato quando Nunziati ha chiesto alla portavoce della Commissione europea, Paula Pinho: «Se la Russia dovrà pagare per la ricostruzione dell’Ucraina, Israele dovrà fare lo stesso per Gaza

Pinho ha preferito non commentare, ma il video dello scambio di battute ha iniziato a circolare rapidamente sui social, attirando milioni di visualizzazioni e alimentando il dibattito online.

Pochi giorni dopo, per Nunziati sono arrivate le prime telefonate dai superiori, seguite da una lettera che formalizzava l’interruzione del rapporto di collaborazione. Nova non ha smentito di aver inviato la lettera, né ha contestato la ricostruzione degli eventi.

Nella comunicazione, l’agenzia ha definito la domanda del giornalista “tecnicamente sbagliata”, “fuori luogo” e “di natura erronea”. Secondo Nova, il paragone tra Russia e Israele non sarebbe legittimo perché la Russia è un paese aggressore che ha invaso l’Ucraina, mentre Israele avrebbe agito in risposta a un’aggressione armata.

Per l’agenzia, il “rapporto di fiducia” con Nunziati è venuto meno: avrebbe dimostrato di non comprendere “la sostanziale e formale differenza delle situazioni”, trascurando i principi del diritto internazionale. Inoltre, la diffusione virale del video avrebbe causato “imbarazzo” alla redazione.

Il caso ha sollevato interrogativi sul confine tra libertà di stampa, responsabilità professionale e pressione politica. Molti osservatori, soprattutto sui social, si chiedono se una domanda scomoda, anche se contestabile, possa giustificare la rimozione di un giornalista. Da parte dell’Unione Europea, nessun commento ufficiale è stato aggiunto alla vicenda.

"Una vicenda grave e sconcertante", l'ha definita il deputato Nicola Fratoianni. "Perché fare domande scomode quando necessario è proprio quello che fa un giornalista veramente libero. E impedirlo o licenziare chi fa fino in fondo il proprio lavoro è un attacco alla libertà di stampa, l'ennesimo, nonché un pessimo segnale per la democrazia del nostro Paese.Per questo presenteremo un'interrogazione parlamentare.Mi auguro davvero che l’azienda torni sui suoi passi e che questa ingiustificabile atto sia impedito. Perché questo Paese ha bisogno di giornalisti con la schiena diritta, non di giornalisti reggimicrofono dei quali ce ne sono già troppi".