Negli ultimi anni, in molti Paesi europei e occidentali si è assistito a una corsa legislativa per blindare il concetto di antisemitismo, ancorandolo alla definizione che ne dà l'IHRA (International Holocaust Remembrance Alliance). Anche un gruppo di parlamentari italiani, su spinta dell'UCEI, vuol fare altrettanto. Questa definizione, adottata in contesti politici più che accademici, amplia il significato di antisemitismo includendo non solo l'odio antiebraico, ma anche una serie di critiche rivolte allo Stato di Israele, alla sua politica e persino alla sua struttura ideologica.

Lasciando a parte l'intento propagandistico dell'iniziativa le cui finalità le conoscono solo gli estensori del provvedimento (esistono già norme al riguardo, a partire dalla legge Mancino, pertanto norme ulteriori sono del tutto inutili), quello che vale segnalare è la contraddizione di chi redige e sostiene simili ddl affermando di difendere un gruppo umano da discriminazioni che sono ad oggi (quasi) sempre solo reati d'opinione, mentre allo stesso tempo non mostra alcuno sdegno pubblico, né la stessa urgenza normativa, di fronte alla violenza sistemica e documentata subita dai palestinesi da parte degli ebrei israeliani. Non parliamo di dispute retoriche o narrative: parliamo di uccisioni, demolizioni di case, confische di terre, aggressioni militari e paramilitari, incarcerazioni arbitrarie, blocchi economici e punizioni collettive.

La definizione dell'IHRA non è solo un testo interpretativo: è diventata uno strumento politico. Poiché equipara alcune critiche allo Stato di Israele a un atto d'odio antisemita, chi la utilizza come base legislativa non fa altro che trasformare un dibattito geopolitico, militare e umanitario in una questione identitaria insindacabile.

La conseguenza è una legge che rischia di colpire giornalisti, attivisti, storici, giuristi e persino ebrei antisionisti, che verrebbero paradossalmente accusati di antisemitismo per il semplice fatto di giudicare moralmente e politicamente inaccettabile l'operato di Israele!
In altre parole: si vuol punire l'opinione, non l'odio vero e proprio.

E chi promuove tali leggi - sulla cui assurdità è inutile insistere - raramente, se non mai, mostra la stessa veemenza quando si tratta di condannare:

  • le esecuzioni extragiudiziali,
  • la distruzione di interi quartieri civili,
  • la repressione contro manifestazioni disarmate,
  • il furto di proprietà palestinesi tramite colonialismo legale e militare,
  • la negazione sistematica di diritti civili basilari.

La violenza contro i palestinesi non è episodica né marginale. È strutturata, continua, riconosciuta da numerosi organismi internazionali, inclusi gruppi ebrei per i diritti umani israeliani, come B'Tselem, oltre a Human Rights Watch e Amnesty International, che hanno già etichettato (dimostrandolo in base al diritto internazionale) il regime nei territori occupati come apartheid.
Eppure, chi costruisce norme per punire la critica a Israele non muove un dito quando questa stessa entità statale commette abusi documentati. Che dovrebbero fare? Atti legislativi per promuovere sanzioni e boicottaggi contro Israele.

È legittimo e necessario combattere l'antisemitismo. Ma quando lo si fa in modo selettivo, trasformando un intero Stato in una categoria etnica protetta, si cade nel doppio standard più brutale: proteggere la sensibilità politica degli autori di una legislazione, ignorando del tutto l'oppressione, reale, praticata dallo Stato ebraico di Israele contro i palestinesi.

Chi invoca l'IHRA come scudo non sta difendendo gli ebrei in quanto persone, ma Israele in quanto potere.

E questo produce tre effetti tutt'altro che etici:

Criminalizza la critica politica.
La democrazia vive di critica; imbavagliarla è autoritarismo.

Scredita la lotta contro l'antisemitismo vero.
Definire e equiparare quanto è accaduto e sta accadendo a Gaza a ciò che i nazisti facevano contro gli ebrei nel secolo scorso non è un commento d'odio contro gli ebrei attuali, è un'opinione che si basa su evidenze reali.

Rende invisibili i palestinesi.
Se una norma punisce chi denuncia l'oppressione, allora lo Stato non sta difendendo un gruppo discriminato: sta proteggendo un aggressore.


Difendere gli ebrei dall'odio antisemita è un dovere civile e morale. Trasformare questo dovere in un'arma contro chi denuncia i crimini israeliani significa capovolgere il senso stesso della giustizia.

La contraddizione dei legislatori non è un dettaglio: è la prova che il loro obiettivo non è la tutela dei diritti umani, ma l'immunità politica di uno Stato accusato — con prove, rapporti e testimonianze — di violazioni sistematiche di diritti fondamentali.

Perché, allora, alcuni legislatori ignorano tale evidenza? Sarebbe interessante scoprirlo... di certo, però, non ha nulla a che vedere con la Costituzione e il rispetto del diritto internazionale, compreso quello umanitario.