"Insieme alle colleghe Bakkali, Ferrari e Ghio e ai colleghi Berruto e Orlando, durante la nostra missione in Cisgiordania abbiamo incontrato il figlio di Marwan Barghouti, Arab, che ci ha affidato un appello chiaro e inequivocabile rivolto al popolo italiano: fate pressione per la liberazione di Marwan, il più popolare leader politico palestinese. Fate pressione perché siano i palestinesi i protagonisti della loro storia e non soluzioni imposte dall'esterno.In queste ore sta crescendo a livello internazionale l'appello per la liberazione di Marwan Barghouti, il Mandela palestinese, detenuto da 24 anni nelle carceri israeliane dopo un processo che i maggiori esperti di diritto definiscono "viziato". Hanno aderito artisti del calibro di Sting, Annie Lennox e Brian Eno, scrittrici come Margaret Atwood, attori come Ian McKellen.Marwan Barghouti è l'unico in grado di unificare le diverse anime della Palestina in una prospettiva di pace e lo ha già dimostrato. Ha sempre creduto nella soluzione a due stati e nella possibile convivenza pacifica tra Israele e Palestina.Bisogna scegliere, ha detto Arab, da che parte stare: dalla parte di Ben-Gvir e dei coloni o dalla parte di Marwan Barghouti. Noi non abbiamo dubbi: stiamo dalla parte di Barghouti e sosteniamo la campagna "Free Barghouti, free Palestine".
Mentre la parlamentare dem postava questo contenuto sul suo profilo social, alcuni suoi colleghi di partito, capitanati da Graziano Delrio, presentavano un ddl in contrasto all'antisemitismo che riconosce come antisemitismo la definizione che ne ha dato l'alleanza internazionale per la memoria dell'Olocausto (International Holocaust Remembrance Alliance - IHRA), in base alla quale - in sostanza - chiunque critichi lo Stato ebraico di Israele è etichettabile come antisemita!
Il primo obiettivo - forse il principale, se non l'unico - del disegno di legge depositato da Delrio è quello di esser riuscito nello scopo di voler presentare il PD come un partito diviso, marcando una spaccatura tra sinistra e democristiani d'accatto che pretendono di salvare la faccia e un seggio in Parlamento senza accasarsi tra neo e post fascisti o dipendenti Fininvest.
Non c'è voluto molto perché il capogruppo dem al Senato, Francesco Boccia, si affrettasse a prenderne le distanze, chiarendo senza giri di parole che quel testo «non rappresenta la posizione del gruppo né quella del partito». Tradotto: Delrio si è mosso per conto suo e se ne assuma la responsabilità.
Una figuraccia, perché nel momento in cui un senatore presenta un ddl su un tema di tale peso – e lo fa con la pretesa di incarnare una strategia di contrasto all'odio – ci si aspetterebbe almeno che abbia verificato il consenso interno. Invece no: Delrio procede, firma, deposita, e lascia che le opposizioni si dilettino nel dimostrare che il PD sia un partito allo sbando.
Il complotto di Delrio non è stato certo estemporaneo, visto che la proposta non è rimasta isolata, essendo stata firmata anche dai dem Simona Malpezzi, Antonio Nicita, Alessandro Alfieri, Alfredo Bazoli, Pier Ferdinando Casini, Tatiana Roijc, Filippo Sensi, Valeria Valente, Walter Verini e Sandra Zampa.
Il testo, nel merito, non introduce novità rivoluzionarie. Ricalca una definizione dell'antisemitismo che definire assurda oltre che grottesca è ben poco e auspica l'ennesima serie di organi di monitoraggio nelle scuole e nelle università. Il solito schema: osservatori, vigilanza, procedure, deleghe al governo per la stretta sulle piattaforme online. Nessuna riflessione politica, solo meccanica burocratica che, per di più, fotocopia lo stesso impianto di un ddl sullo stesso tema presentato da Lega e Forza Italia. Un capolavoro: la destra e Delrio che si ritrovano, di fatto, sullo stesso terreno, cercando di regolamentare persino i cortei «a rischio di slogan antisemiti».
Delrio ha aperto un fronte interno, ha costretto il capogruppo a smentirlo pubblicamente e ha consegnato il PD al dileggio delle opposizioni, con lo scopo di mettere in imbarazzo Elly Schlein e indebolirne la segreteria, facendo credere che una bella fetta di partito e dei suoi votanti la considerino un'estremista.
La domanda semplice, conseguente a tutto ciò, è perché Delrio e soci non cambiano gruppo e partito?


