Fa notizia il recente pronunciamento della Corte di giustizia europea, che ha respinto il ricorso della Danimarca volto ad annullare la direttiva sui salari minimi.
La controversia iniziava quando l’UE, nel 2022, ha adottato una direttiva volta a migliorare l’adeguatezza e l’efficacia dei salari minimi legali nei paesi in cui esistono.

L'Unione Europea ha riconosciuto che i salari minimi devono garantire un tenore di vita dignitoso, parametrato a valori come il 60% del salario mediano o il 50% del salario medio lordo. L’obiettivo non era quello di uniformare i livelli salariali, bensì di promuovere un sistema più equo e sostenibile, rafforzando la contrattazione collettiva, introducendo obblighi di aggiornamento periodico dei salari minimi, almeno ogni due anni.

Quali sono gli aspetti chiave della direttiva UE è presto  detto:

  • Adeguatezza: i salari minimi devono essere sufficienti a garantire un livello di vita decente, considerando parametri come il salario mediano e medio
  • Aggiornamento periodico: la norma impone aggiornamenti almeno biennali, o quadriennali con sistemi automatici di indicizzazione, per riflettere le variazioni del costo della vita
  • Ruolo della contrattazione collettiva: la direttiva mira a rafforzare e diffondere questa modalità di negoziazione, ritenuta efficace per fissare salari e condizioni di lavoro
  • Flessibilità: gli Stati membri sono liberi di scegliere il modello di salario minimo più adatto alle proprie caratteristiche, senza essere vincolati a un livello uniforme.

Nello specifico, una delle novità introdotte dall'UE riguardava l'incoraggiamento alla contrattazione collettiva, ritenuta uno strumento fondamentale per la determinazione dei salari, e la possibilità per gli Stati di intervenire qualora la copertura contrattuale fosse inferiore all’80%. 

In Italia, la copertura contrattuale supera già questa soglia, dunque lo Stato non può intervenire sovrapponendosi ai diritti e poteri dei Sindacati.
In Europa, però, l’approccio ai salari minimi varia notevolmente rispetto all'Italia e questo alimenta le controversie nostrane.

Paesi come Francia e Spagna vantano salari minimi storici (dal 1950 e dal 1963 rispettivamente), mentre altri, come il Lussemburgo e la Germania, hanno valori tra i più alti (rispettivamente circa 2.700 e 2.160 euro mensili).
La Germania, nel 2015, ha visto un progressivo aumento del salario minimo, attestandosi su valori elevati rispetto ad altri Stati.
La Spagna, invece, ha stabilito un salario minimo di circa 1.380 euro, con differenziazioni per tipologia di contratto e durata del lavoro.
Analogamente, Belgio, Olanda, Irlanda e altri paesi hanno adottato sistemi con salari minimi che si sono aggiornati nel tempo, spesso con modalità di incremento automatico e progressive. In Irlanda, ad esempio, il salario minimo sarà riformato nel 2026, con un approccio basato su una soglia fissa del 60% del salario mediano, prevedendo un aumento dei redditi più bassi.

L’Italia si distingue tra gli Stati membri per l’assenza di un salario minimo legale universale, avendo ereditato dal sistema corporativo fascista una vasta copertura della contrattazione collettiva sindacale.
Attualmente, infatti, più del 80% della forza lavoro è tutelata da contratti nazionali e territoriali, che regolano retribuzioni e condizioni di lavoro.

Per il futuro, dipenderà tutto dai decreti applicativi della recente legge delega 144/2025, che

  • concede al Governo sei mesi per emanare i decreti legislativi attuativi
  • pone gli obiettivi di rafforzare la contrattazione collettiva, contrastare il "dumping contrattuale", assicurare una retribuzione proporzionata e sufficiente per tutti i lavoratori
  • sostiene il rinnovo dei CCNL nel rispetto dei tempi stabiliti dalle parti sociali e trasforma i minimi salariali dei Contratti Collettivi più applicati in riferimento vincolante per tutti i datori di lavoro di quel settore
  • aumenta controlli e trasparenza con l'implementazione di sistemi per monitorare l'applicazione dei CCNL e di banche dati integrate per incrociare i dati di imprese, INPS e INAIL
  • si propone di stabilire criteri per garantire trattamenti economici minimi più efficaci e uniformi, per un aumento della tutela salariale, specialmente nei settori a rischio di retribuzioni insufficienti.

Questa normativa rappresenta un’opportunità di rafforzamento della tutela salariale, ma l’assenza di un salario minimo legale uniforme continuerà ad essere un elemento distintivo del Sistema Italia, che dovrebbe comunque adattarsi sempre più alle best practice europee.