Dopo aver letto l'articolo delle dimissioni di Pelizzaro dalla commissione Bicamerale sul caso Gregori-Orlandi si ravvisano dei punti che vanno doverosamente commentati.
L'oggetto del contendere è sempre Marco Accetti, del quale Pelizzaro esprime il suo parere e le sue riflessioni.

Il primo brivido arriva con la seguente affermazione di Pelizzaro: "[...] nel caso la Commissione decidesse di convocare questa persona (ndr Accetti), di procedere con grande cautela e rigore, formulando una serie di domande preliminari (come test di affidabilità) per verificare l’attendibilità non tanto del personaggio, quanto delle sue versioni dei fatti".
Tale dichiarazione rischia di trasformare il ruolo del consulente da supporto analitico a soggetto influente nelle decisioni di merito della Commissione. E questo solleva perplessità. Non è compito del consulente stabilire chi sia degno di essere ascoltato e con quale schema di domande. È invece diritto della Commissione valutare le fonti con spirito critico e indipendenza... ma andiamo avanti...

Il secondo brivido lo troviamo qui: "[...] Di fronte ad un orientamento generale che aveva il sapore di una decisione già presa, e cioè quella di audire Accetti, mi ero permesso di ammonire tutti sul rischio che il soggetto, avendo in passato “intortato” anche magistrati di grande esperienza".
Una frase inaccettabile! Pensare a magistrati “di grande esperienza” che siano stati “intortati” da Marco Accetti non è solo irrispettoso, ma mina la credibilità della Magistratura stessa. Un consulente non può permettersi simili giudizi sprezzanti: la giustizia non si delegittima con insinuazioni e poi, chi sarebbero i magistrati "intortati"? Si riferisce forse a Capaldo? 

Il terzo brivido è in questo passaggio: "A quel punto, la “talpa” – chiunque essa sia, violando leggi, norme e regolamenti – forte della decisione a favore dell’audizione di Accetti, ha reiterato le sue fughe di notizie. Tutte in direzione del collega che da anni segue personalmente Accetti. Determinando così un corto circuito catastrofico tra Commissione e Accetti stesso, mettendo questa persona al corrente di ciò che la Commissione stava facendo e cosa avrebbe deciso di fare, dandogli così un ulteriore vantaggio.
Ci sono 2 entità non esplicitamente citate. La prima è la "talpa", che sembra un chiaro riferimento a qualche membro della Commissione. La seconda è il "collega che segue Accetti" e anche qui sembra di riscontrare la figura di un giornalista che parla di Accetti. 
Ora, visto che è facile accusare senza mai fare i nomi, tutta la narrazione senza un soggetto è totalmente inattendibile. Se si scaglia una pietra e poi si ritira la mano non siamo migliori di quelli che accusiamo. Insomma, un salto nel buio, l'ennesimo brivido, che non porta a nessuna motivazione dimostrata o dimostrabile: ve ne fosse una reale restiamo in attesa di nomi e cognomi.

Alla fine il brivido finale: "Davanti a quella falla in Commissione capii che l’inchiesta parlamentare era compromessa, dall’interno".
Ora, per quanto siamo abituati alla fantascienza, dire che la Commissione Bicamerale è compromessa dall'interno è pura follia, specie se questa compromissione è legata all'audire o meno una persona.
Cosa cambia se si ascolta Marco Accetti?
Chi ha paura di sentire le dichiarazioni di Accetti?
Perché tanto rumore, tanto odio, tanta avversità nei confronti di un organo politico che GIUSTAMENTE deve sentire tutti? Qualcosa non torna e non è certo la "talpa", come dice Pelizzaro. Sembra più la giustificazione di un fallimento nel ruolo di consulente che tanto si è prodigato per non sentire Marco Accetti.
Non riuscendo nel suo intento ecco che deve nascere il discredito, sia questo nei confronti di Magistrati, di organi politici, di giornalisti con relative talpe e, naturalmente, nei confronti di Accetti che, per dispiacere di molti, rimane uno dei pochi che potrebbe conosce dinamiche sul caso Gregori-Orlandi ancora  ignote.

Inizia poi una sequela di 7 punti che voglio analizzare uno per uno

1. “Su Accetti la Commissione si gioca la propria reputazione.”
Nessun consulente dovrebbe pretendere che la credibilità di un organo parlamentare dipenda dall’aderire alla sua personale valutazione. La Commissione ha il dovere di audire anche soggetti controversi, specialmente se rilevanti mediaticamente o giudiziariamente, senza che ciò implichi alcuna legittimazione delle loro tesi. Screditare l’audizione di Accetti come una “minaccia alla reputazione” della Commissione è una forzatura che tradisce una volontà di censura preventiva.

2. “All’interno della Commissione c’è una misteriosa ‘talpa’ che si è mossa quando è stato smascherato Accetti.”
Qui si passa dalla cronaca alla dietrologia. L’uso di termini come “talpa” e “smascheramento” serve a evocare uno scenario da spy-story, ma senza fornire alcun elemento concreto. È un tentativo di delegittimare il dissenso e coprire eventuali malumori interni scaricando tutto su un “complotto”. Un argomento tipico di chi teme il confronto democratico e la trasparenza.

3. “Le versioni di Accetti sono frutto di fantasia e rimescolamento di fonti aperte.”
Questo è un giudizio, non un fatto. Peraltro, formulato con toni derisori (“rimasticatura eschimese”, “viaggi esotici”, “Salgari”), più propri di un editoriale satirico che di un’analisi tecnica. Le presunte contraddizioni di Accetti vanno smontate con metodo, in sede di audizione e confronto pubblico. Non si può escludere il testimone a priori perché “ci è antipatico” o perché “ha detto troppe cose”.

4. “Le perizie foniche sono consulenze di parte e addirittura si cita un certo Marco Arcuri da Agrigento...”
Il tentativo di screditare il lavoro di Marco Arcuri – ridotto a “tale” e ironizzato – è scorretto e denota fastidio verso chi ha messo in discussione la narrativa ufficiale. Il riferimento alle “13mila pagine” è anche sbagliato poiché lo si associa alla perizia e non al modello di AI costruito sul caso Orlandi. 
Intanto nessuno contesta l’accuratezza dell’analisi fonica nel merito. Se ci sono errori, si documentino tecnicamente. Altrimenti si tratta di puro discredito personale.

 5. “Accetti è come Salgari, un imbonitore.”
Paragone fuori luogo. Salgari era un romanziere, Accetti è un dichiarante ascoltato dalla Procura e autore di telefonate che la stessa magistratura ha reputato significative. Liquidarlo come un “Salgari deviato” equivale a trasformare l’analisi investigativa in satira da blog. Inoltre, Pelizzaro omette deliberatamente che molte delle circostanze narrate da Accetti hanno trovato riscontri con fatti noti.

6. “Le mie dimissioni sono scollegate dal caso Accetti.”
Questa è forse la parte meno credibile del documento. L’intero testo è un attacco frontale ad Accetti e a chiunque lo abbia preso in considerazione. Affermare che le dimissioni siano indipendenti dal caso mentre se ne parla per metà lettera, tradisce un chiaro intento: mascherare una sconfitta interna con un’uscita strategica. Inoltre, l’accusa alla “talpa” di aver politicizzato le dimissioni suona come un’ammissione involontaria che, in effetti, il caso Accetti ha avuto un peso decisivo.

In attesa di nuovi sviluppi, con l'augurio, anzi, a questo punto,  con la speranza di ascoltare presto in Commissione Marco Accetti, rimaniamo in concitata attesa.
Pelizzaro ha mancato il suo intento principale: impedire che la Commissione parlamentare ascoltasse Marco Accetti. Nonostante mesi di pressioni, relazioni, tentativi di delegittimazione e giudizi personali, le sue motivazioni si sono rivelate inconsistenti.
La Commissione, come giusto che sia, ha ritenuto necessario non "mollare" su Marco Accetti, seguendo un principio fondamentale: ascoltare tutte le voci rilevanti, anche quelle scomode, purché potenzialmente utili alla verità.
È questo il mandato di una Commissione d’inchiesta, non filtrare le testimonianze in base alle convinzioni di un singolo consulente.
Di fronte a questa scelta, Pelizzaro ha rassegnato (forse) le dimissioni che lui non associa ad Accetti? Ma come, tutta la lettera parla di Accetti.....

La sua uscita dalla Commissione chiude, sottotono, una fase segnata da pretese di controllo che non hanno retto alla logica istituzionale del confronto e dell’imparzialità. §
Se prima di queste dimissioni c'erano dubbi su ascoltare Marco Accetti adesso è un diritto per tutta l'Italia sapere cosa direbbe l"Americano".