Il rifiuto dell'Università di Bologna di attivare un corso di laurea in Filosofia destinato a un gruppo ristretto di giovani ufficiali dell'Accademia di Modena è diventato un caso politico nazionale. La vicenda, nata da una richiesta del Capo di Stato Maggiore dell'Esercito Carmine Masiello, ha innescato una reazione dura da parte di metà governo e non solo.
La posizione della Difesa: “Un'occasione persa per il Paese”
Guido Crosetto, ministro della Difesa, ha commentato senza mezzi termini durante un evento pubblico a Napoli. Secondo lui, un dipartimento di Filosofia “dovrebbe essere onorato” di contribuire alla preparazione culturale di chi è responsabile dell'uso legittimo della forza.
Crosetto critica apertamente il timore di una “militarizzazione” dell'università: una preoccupazione che, a suo avviso, non ha fondamento. Da qui l'accusa implicita: chi oggi rifiuta di formare gli ufficiali, domani sarà comunque difeso da loro.
Masiello, promotore dell'iniziativa, parla di sorpresa e delusione. L'obiettivo dichiarato era dare agli ufficiali strumenti di pensiero laterale e capacità critiche, ma l'ateneo ha chiuso la porta.
Le reazioni del governo: Bernini e Piantedosi attaccano l'ateneo
La ministra dell'Università Anna Maria Bernini non si limita a un commento formale. Dopo una telefonata al rettore Molari, definisce la scelta del dipartimento come una rinuncia alla propria missione formativa. Per lei, temere la “militarizzazione” è un pretesto ideologico che tradisce il ruolo dell'università: aprire, non chiudere.
Il ministro dell'Interno Matteo Piantedosi rincara la dose. Parla di decisione “incomprensibile”, soprattutto in un ateneo che storicamente rappresenta cultura e laicità. Arriva a paragonare questo rifiuto a un comportamento da “sezione di partito”, mettendo in discussione la coerenza dell'università con i propri valori fondativi.
La maggioranza si compatta: “Scelta ideologica e grave”
Al coro si aggiungono vari esponenti della maggioranza:
- Eugenio Zoffili (Lega) annuncia un'interrogazione parlamentare e accusa l'ateneo di aver preso una decisione ideologica e non giustificabile.
- Antonio Baldelli e Galeazzo Bignami (FdI) parlano di un caso che mette in discussione i principi costituzionali di pluralismo e apertura delle università. Accusano il dipartimento di seguire una deriva “woke”.
- Piero Fassino (Pd), pur all'opposizione, concorda sul fatto che il diniego sia un errore e un segnale di chiusura ideologica.
La voce contraria: Fratoianni difende l'autonomia universitaria
Nicola Fratoianni (Avs) ribalta completamente la prospettiva:
"Crosetto, Bernini e Piantedosi attaccano la scelta del Dipartimento di Filosofia dell’università di Bologna che ha deciso di non attivare un corso riservato ai soli ufficiali dell’esercito. In questa vicenda ciò che trovo più strano è che l’Esercito abbia chiesto un corso riservato, chiuso ed esclusivo. Perché? Quali altre categorie hanno chiesto e ottenuto corsi universitari riservati e il cui accesso fosse impedito ad altre tipologie di studenti?Che io sappia questo caso certamente non è frequente, e forse questa è l’unica richiesta di questo tipo arrivata all’Università.Alla Ministra Bernini che, incredibilmente e senza pudore parla di ‘rinuncia alla propria missione formativa’, vorremmo poi chiedere come può l’università essere protagonista della libera formazione ed istruzione superiore se dovesse ritrovarsi invece ad occuparsi di costruire corsi su misura, recintati e perimetrati per specifiche categorie professionali, per giunta quelle in cui questi strumenti culturali potrebbero essere utilizzati anche in operazioni che possono causare, come accaduto in tante guerre del passato dall’Iraq all’Afghanistan alla Libia, morti e talvolta violazioni dei diritti umani.L’università è e deve restare pubblica, libera e aperta a tutti, autonoma e indipendente, anche perché è pagata con i soldi di tutti i cittadini e le cittadine. Gli ufficiali delle forze armate del nostro Paese possono quindi liberamente iscriversi ad uno dei corsi esistenti. Chi pensa invece che l’Università debba essere una specie di scaffale di esami e titoli a richiesta di specifiche organizzazioni può e deve guardare altrove, dove dietro il pagamento viene erogata formazione professionale e privata".
Un contesto infuocato: il dibattito sulla leva volontaria
Il caso arriva proprio mentre Crosetto propone di riavviare l'iter per una leva militare volontaria. Un tema che ha già sollevato accuse di “bellicismo” da parte di alcuni oppositori. Crosetto respinge tutto al mittente, sostenendo che la riserva civile e militare sarebbe fondamentale anche per intervenire in crisi infrastrutturali e non solo in scenari di difesa.
Una frattura più profonda del singolo caso
Il rifiuto dell'Università di Bologna non riguarda solo un corso di laurea: è diventato il catalizzatore di un conflitto politico e culturale più ampio.
Da un lato, chi vede nelle università un'istituzione che deve collaborare con lo Stato in tutte le sue articolazioni, Forze Armate comprese.
Dall'altro, chi considera il perimetro accademico come uno spazio che deve rimanere libero da influenze esterne e da richieste “su misura”.
La questione, per ora, resta aperta. L'università non ha cambiato posizione, ma le pressioni politiche sono forti. E la polemica, visto il clima, non si spegnerà presto.


