Lo sport non è mai stato solo sport. Per decenni, le istituzioni ci hanno cullato con il rassicurante mantra secondo cui «lo sport unisce i popoli». Ma la realtà, oggi più che mai, ci racconta una storia diversa: quella dello “sportwashing”. Grandi eventi e competizioni internazionali sono diventati strumenti sofisticati nelle mani di regimi autoritari e Stati coinvolti in conflitti per ripulire la propria immagine pubblica, occultando violazioni dei diritti umani e crimini di massa dietro lo scintillio di uno stadio o di un palazzetto.

Oggi, questo meccanismo si è inceppato proprio a Bologna, città simbolo della sinistra italiana e della Resistenza, che si trova a vivere un cortocircuito identitario ospitando la partita di basket tra la Virtus e il Maccabi Tel Aviv.

La Doppia Morale delle Istituzioni Sportive

Il contesto internazionale è ineludibile. Dallo scoppio della guerra a Gaza, Israele è al centro di richieste di boicottaggio sportivo globale. Tuttavia, la risposta delle federazioni internazionali ha rivelato una evidente doppia morale.

Mentre la Russia è stata prontamente esclusa da tutte le competizioni dopo l’invasione dell’Ucraina, nessuna misura analoga ha colpito Israele, nonostante le documentate violazioni contro i civili palestinesi.

«I principi vengono applicati in base all’identità dell’autore, non alla gravità del crimine.»

Questa normalizzazione passa anche attraverso il ritorno in campo. Se l'Ungheria è stata la prima a riaprire le porte alle squadre israeliane e Udine ha ospitato la nazionale di calcio tra le proteste, Bologna si trova ora a dover gestire un evento che va ben oltre il parquet di gioco.

Bologna: Cuore Antifascista o Palcoscenico Blindato?

L’arrivo del Maccabi Tel Aviv a Bologna il 21 novembre ha scatenato una mobilitazione massiccia. Lo slogan «Tutti in piazza» ha unito centri sociali, collettivi studenteschi e associazioni civiche in un appello chiaro: sospendere la partita per evitare di offrire una "legittimazione sportiva" a uno Stato accusato di crimini gravi.

Le critiche non risparmiano l'amministrazione locale e nazionale. Il Comune ha ridotto la questione a un problema di ordine pubblico (protezione di vetrine e cantieri).
Avrebbe dovuto riconoscere la dimensione politica ed etica dell'evento.
Rinviare la gara non sarebbe stato un atto estremo, ma una scelta logica per una città che si professa paladina dei diritti.
 

Lo Spettro di Amsterdam e la Paura in Città

A pesare come un macigno sull'atmosfera bolognese c'è il precedente di Amsterdam. Le violenze, gli slogan razzisti dei tifosi del Maccabi («A Gaza non ci sono scuole perché non ci sono più bambini») e gli scontri successivi hanno alzato il livello di allerta.

Ma c'è un elemento ulteriore che inquieta l'opinione pubblica: le indiscrezioni della stampa israeliana sulla presenza di agenti del Mossad al seguito delle squadre per "motivi di sicurezza". Sebbene non ci siano conferme ufficiali per Bologna, la sola ipotesi che agenti dei servizi segreti stranieri possano operare nelle strade della città ha sollevato una domanda inquietante:

Vedremo oggi agenti del Mossad girare per le vie di Bologna?

Scontro Istituzionale

La tensione si è riversata anche nei palazzi del potere, creando una frattura tra l'amministrazione locale e il governo centrale, con il Sindaco Lepore che ha cercato fino all'ultimo di spostare la partita o cambiarne la data, consapevole che Bologna non voleva essere "complice simbolica" dell'evento. Ha rivelato che persino la Federazione Europea di Basket aveva dubbi e la Virtus aveva proposto alternative.
Il Ministro dell'Interno Piantedosi, invece, ha imposto la linea dura, rifiutando ogni modifica e dichiarando in TV: «L’esercito è pronto, se necessario».
Questo approccio securitario, che predilige la forza alla ragione politica, rischia secondo il sindaco di alimentare tensioni che si sarebbero potute evitare.

Conclusione: La Lezione della Storia

Da Berlino 1936 ai Mondiali in Qatar del 2022, la storia insegna che lo sport serve il potere. Oggi Bologna rischia di essere ingranaggio di questo meccanismo. Per molti cittadini, il 21 novembre non si gioca solo una partita di basket, ma si combatte per l'anima della città. Bologna non vuole che le sue strade diventino lo sfondo per normalizzare la tragedia di Gaza, rifiutando di stare dalla parte di chi possiede gli strumenti della repressione.