Violenza in corsia: da Bari a Monterotondo fino a tutta Italia — una crisi che urla una domanda: che fine ha fatto il rispetto per chi cura.

Un recente episodio a Monterotondo (Lazio) ha visto un paziente, in preda all’agitazione, devastare il pronto soccorso e aggredire un infermiere nel tentativo di calmarlo. Nello stesso periodo, a Bari una donna esasperata dall’attesa al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo si è scagliata contro medici e infermieri — tanto che sono intervenuti gli agenti per sedare la situazione.

Ma questi fatti non sono casi isolati: sempre più spesso chi porta un camice viene trattato come bersaglio. Nel 2024 le aggressioni a operatori sanitari in Italia sono aumentate del 33% rispetto all’anno precedente; lo stesso monitoraggio dei primi mesi del 2025 segnala un ulteriore balzo del 37%. Si stimano centinaia di migliaia di aggressioni ogni anno, tra quelle denunciate e — soprattutto — quelle che non lo sono, perché “normali”, interiorizzate, denunciate difficilmente.

Non basta la rabbia di una società stanca o impaziente: dietro ogni paziente esasperato c’è un sistema sanitario sotto stress — sovraffollamento dei pronto soccorso, lunghe attese, personale ridotto all’osso, carico assistenziale insostenibile — che trasforma corsie e sale d’attesa in terreno fertile per la frustrazione. In questo clima, la paura e il senso di delegittimazione verso chi cura crescono: non più “professionisti” ma “bersagli”.

Certo, la legge si è mossa: negli ultimi anni sono state approvate norme più severe per chi aggredisce medici, infermieri e operatori sanitari. Ma a quanto pare non basta: le aggressioni non calano, le denunce restano poche, la protezione concreta degli operatori spesso latita.

Serve qualcosa di più: sicurezza reale negli ospedali (presenza costante di personale di controllo, percorsi d’emergenza più umani, allarmi e vigilanza), formazione al rispetto e alla gestione del disagio per gli utenti, ma anche una presa di coscienza sociale: curare non è un favore, è un dovere — e chi cura merita dignità, protezione, e rispetto.