Nel 2024 in Italia sono state registrate 2.379 nuove diagnosi di infezione da HIV, pari a un’incidenza di 4 casi ogni 100.000 residenti. Un valore sotto la media dell’Europa occidentale, dove l’incidenza si attesta a 5,9 per 100.000 abitanti. Il dato europeo non deve però illudere: la diffusione dell’infezione resta sostenuta e, soprattutto, continua a emergere troppo tardi.


Chi si infetta e come

Da oltre un decennio la trasmissione sessuale è la principale via di contagio. Nel 2024 l’87,6% delle nuove diagnosi deriva da rapporti sessuali. La ripartizione è netta:

41,6% maschi che fanno sesso con maschi (MSM)
27,9% maschi eterosessuali
18,1% femmine eterosessuali
3,8% persone che usano sostanze stupefacenti
Quasi quattro diagnosi su dieci riguardano persone straniere (35,9%), soprattutto eterosessuali.

L’età mediana alla diagnosi è 41 anni e gli uomini rappresentano il 79% dei nuovi casi. Le incidenze più alte si registrano tra i 30 e i 39 anni, fascia in cui i maschi mostrano un’incidenza tripla rispetto alle donne (15,2 contro 4,5 per 100.000).

A livello territoriale, le Regioni più colpite nel 2024 (oltre 4,5 casi per 100.000 residenti) sono:

Lazio
Toscana
Emilia-Romagna


Diagnosi ancora troppo tardive
Il problema maggiore non è solo il numero delle nuove diagnosi, ma quando vengono fatte. La situazione è pessima:

Il 40,3% scopre l’infezione con meno di 200 CD4/µL, quindi già in fase avanzata.
Il 59,9% arriva alla diagnosi sotto i 350 CD4/µL.
Le diagnosi tardive colpiscono soprattutto gli eterosessuali:

66,5% nei maschi
61,0% nelle femmine
53,2% negli MSM

La metà delle persone si sottopone al test solo perché presenta sintomi sospetti o già compatibili con l’infezione. Meno del 20% lo fa dopo comportamenti a rischio. Un segnale di scarsa consapevolezza e, spesso, di paura o stigma.

Barbara Suligoi, responsabile del Centro nazionale HIV/IST dell’ISS, avverte: la quota di diagnosi tardive è in costante aumento dal 2015. Segno che la prevenzione sta perdendo terreno.


AIDS: numeri stabili ma ancora gravi

Nel 2024 sono stati notificati 450 nuovi casi di AIDS conclamato, pari a 0,8 casi per 100.000 residenti. Quasi l’84% delle persone diagnosticate con AIDS ha scoperto la propria sieropositività nei sei mesi precedenti: il ritardo diagnostico è evidente.

Il dato più crudo: il 79% non aveva mai ricevuto terapia antiretrovirale prima della diagnosi. La malattia arriva, insomma, prima delle cure.

La polmonite da Pneumocystis jirovecii resta la principale patologia di esordio (22,4%), anche se in calo rispetto al passato.

Dal 1982 a oggi sono stati registrati 73.717 casi di AIDS, con 48.356 decessi entro il 2022. I casi di AIDS ancora in vita nel 2022 erano 24.790.


Tendenze nel tempo

Dal 2012 al 2020 l’Italia ha visto calare progressivamente i nuovi casi di HIV. La curva, però, ha invertito rotta dal 2021 al 2023, con un lieve appiattimento solo nel 2024. In altre parole: il trend non è rassicurante.

Il numero totale di persone che vivono con l’HIV in Italia è stimato intorno a 150.000.


Cosa dicono gli esperti

Anna Teresa Palamara, Direttore del Dipartimento Malattie Infettive dell’ISS, insiste su un punto banale ma ignorato da molti: senza prevenzione e senza test, l’HIV continua a circolare. I giovani, in particolare, sembrano percepire poco il rischio, mentre i dati dicono l’esatto contrario.


La situazione è tutt’altro che risolta

L’Italia mantiene un’incidenza più bassa rispetto alla media europea, ma questo non basta. Il vero nodo è la diagnosi tardiva, che continua a peggiorare e rappresenta un rischio serio sia per la salute individuale sia per la diffusione dell’infezione.

Senza un cambiamento nelle abitudini — più test, più informazione, meno stigma — i numeri difficilmente miglioreranno.