La nomina di David Zini a capo dello Shin Bet, l'agenzia di intelligence interna israeliana, non è un fatto tecnico né un semplice cambio ai vertici: è un atto politico di rottura, un passo ulteriore nella trasformazione di Israele in uno Stato sempre più teocratico, autoritario e guidato dall'estrema destra religiosa.
Annunciato da Benjamin Netanyahu e ufficializzato il 5 ottobre 2025, l'incarico di Zini arriva in un momento in cui il Medio Oriente è già un campo di mine: Gaza in macerie, la Cisgiordania sotto assedio, e un governo israeliano sempre più schiacciato sotto il peso delle sue pulsioni ideologiche.
Zini non è un tecnico della sicurezza. È un ideologo in uniforme, un uomo che ha costruito la propria carriera dentro e attorno ai reparti più aggressivi delle Forze di Difesa Israeliane, e che ora si trova a controllare lo strumento più potente per il controllo interno del Paese: lo Shin Bet.
Un uomo del “Grande Israele”
Zini è figlio e prodotto di un ambiente religioso messianico, legato ai coloni estremisti della Cisgiordania. Suo padre, il rabbino Yosef Zini, è vicino al partito Noam, alleato del Sionismo Religioso e di Potere Ebraico — formazioni note per il fanatismo religioso, il disprezzo dei diritti civili e la crociata anti-LGBT.
La moglie di Zini, Naomi Zini, è arrivata persino a definire la distruzione delle case palestinesi a Gaza come un "comandamento divino". Non si tratta quindi di un errore di valutazione: il nuovo capo dello Shin Bet è immerso fino al collo in una visione apocalittica, dove la sicurezza nazionale coincide con la conquista biblica della "Terra Promessa".
L'intelligence trasformata in un'arma politica
La nomina di Zini ha scosso alle fondamenta i servizi di sicurezza israeliani. Tre ex direttori dello Shin Bet hanno denunciato la decisione come "irragionevole e pericolosa", arrivando a presentare un ricorso alla Corte Suprema. Gli ambienti interni parlano di un'agenzia in "subbuglio", con analisti e ufficiali che temono una politicizzazione spinta: lo Shin Bet rischia di passare da strumento di difesa a braccio armato dell'ideologia governativa.
Persino gli alleati occidentali — CIA, MI6 e altri — guardano con crescente diffidenza a Tel Aviv. Nessuno vuole cooperare con un servizio diretto da chi flirta con l'estremismo religioso e con chi sogna un'espansione coloniale senza freni.
Gaza e Cisgiordania: la miccia e la polveriera
Zini ha già mostrato dove vuole arrivare: più repressione, più sorveglianza, più punizione collettiva. La sua "riforma radicale" dello Shin Bet promette una stretta senza precedenti su Gaza e una militarizzazione totale della Cisgiordania.
Dietro il linguaggio della “sicurezza”, si nasconde un progetto chiaro: espandere gli insediamenti illegali, intensificare il controllo sulla popolazione palestinese e zittire ogni voce critica all'interno di Israele. È la logica della dominazione travestita da “lotta al terrorismo”.
Una democrazia svuotata
L'ascesa di Zini è solo l'ultimo capitolo del lento smantellamento delle istituzioni democratiche israeliane. Netanyahu ha imposto la nomina contro l'opposizione di alti funzionari, giuristi e cittadini, e la Corte Suprema, piegata dalle pressioni del governo, ha chiuso gli occhi.
Oggi lo Shin Bet — l'agenzia responsabile della sicurezza interna e del controllo dei Territori Occupati — rischia di diventare una polizia ideologica, fedele non alla legge, ma a una visione religiosa dello Stato.
L'avvertimento ignorato
Gli esperti di sicurezza, dentro e fuori Israele, lo dicono apertamente: mettere un uomo come Zini a capo dell'intelligence è un rischio strategico per la stabilità regionale. Significa rendere legittimo l'uso della fede come giustificazione per la violenza, e la sicurezza come copertura per l'espansione coloniale.
Ma Netanyahu, stretto tra corruzione, fragilità politica e necessità di tenere insieme la sua coalizione ultranazionalista, ha scelto la sopravvivenza personale a scapito della democrazia.
Conclusione: il prezzo dell'ideologia
La nomina di David Zini è un segnale d'allarme. Non solo per Israele, ma per chiunque creda che l'intelligence debba servire lo Stato, non un culto. È l'ennesima prova che il potere, quando si piega alla religione e all'estremismo, non difende più la sicurezza: la distrugge. Nel silenzio complice degli alleati occidentali, Israele si avvia verso un punto di non ritorno. E quando l'intelligence diventa fede cieca, la verità è la prima vittima.


