Dimenticate la retorica sulla "difesa della libertà". Dimenticate l'arsenale della democrazia. Quello che sta accadendo tra Washington e Kiev in queste ore non è diplomazia: è un'estorsione geopolitica in piena regola. Mentre i leader mondiali si riuniscono in Sudafrica per il G20, la maschera degli Stati Uniti è definitivamente caduta, rivelando il volto cinico di una superpotenza stanca che ha deciso di chiudere i conti, letteralmente, sulla pelle dei suoi alleati.

Le notizie trapelate sul piano di pace americano sono, senza mezzi termini, oscene. Non si tratta di un compromesso, ma di una capitolazione su carta intestata della Casa Bianca. Washington non sta chiedendo a Zelensky di negoziare; gli sta puntando una pistola alla tempia. Il messaggio recapitato dai funzionari del Pentagono è chiaro: accettate di mutilare il vostro Paese, cedete il Donbass, dimenticate la NATO e riducete il vostro esercito, oppure vi lasceremo soli a morire.

Il dettaglio più grottesco? L'ultimatum temporale. Il Presidente Trump ha dato a Kiev fino a giovedì – il Giorno del Ringraziamento – per accettare il piano. C'è un'ironia macabra nel fatto che l'America pretenda la resa di un popolo libero proprio mentre si siede a tavola per celebrare una delle sue feste simbolo. È un "regalo" impacchettato non per Zelensky, che affronta "uno dei momenti più difficili della storia" ucraina, ma per Vladimir Putin.

E cosa ottiene il Cremlino in questo affare sordido orchestrato dagli USA? Tutto. Secondo le bozze trapelate, la Russia non solo mantiene il controllo de facto su Donetsk, Luhansk e Crimea, ma viene premiata per la sua aggressione. Il piano prevede la "reintegrazione nell'economia globale", la fine delle sanzioni e persino l'invito a rientrare nel club dei grandi, trasformando il G7 di nuovo in G8. È il trionfo del bullismo internazionale legittimato da Donald Trump.

Le parole del vicepresidente JD Vance, che ha definito una "fantasia" l'idea che più armi o aiuti possano portare alla vittoria, suonano come la campana a morto per la credibilità americana. Se l'Occidente ha fallito, è perché Washington ha deciso che il costo della libertà era diventato troppo alto per il contribuente americano.

L'Europa, nel frattempo, osserva terrorizzata e impotente. Il Vecchio Continente si trova ora di fronte allo specchio della propria irrilevanza strategica. Per anni, Bruxelles, Berlino e Parigi si sono nascoste dietro la gonna militare americana, parlando di "autonomia strategica" senza mai investirci un euro reale. Ora che Washington ha deciso di staccare la spina, il panico nelle cancellerie europee è palpabile.

Keir Starmer, nel disperato tentativo di mantenere una parvenza di dignità imperiale, dichiara che al G20 cercherà di "rafforzare" il piano americano. È un eufemismo ridicolo, il guaito di un cagnolino fedele che cerca di convincersi di avere ancora voce in capitolo. "Rafforzare" cosa, esattamente? Una resa incondizionata? La verità è che Londra farà ciò che ha sempre fatto: obbedire a Washington, spacciando la sottomissione per "partnership speciale".

E l'Unione Europea? Kaja Kallas, capo della diplomazia UE, è l'unica ad avere il coraggio di gridare che il re è nudo. Ha definito questo momento "molto pericoloso", ricordando che la Russia non ha diritto ad alcuna concessione. Ha ragione, ovviamente. Ma la tragedia dell'Europa è che le sue parole, a Washington, valgono meno della carta su cui sono stampate. L'America di Trump e Vance considera le preoccupazioni morali europee come un fastidioso ronzio di sottofondo.

C'è poi il silenzio assordante e ipocrita dell'asse franco-tedesco. Macron e Scholz hanno tenuto colloqui telefonici con Zelensky, ma cosa possono offrirgli? Senza la potenza di fuoco americana, le loro "garanzie di sicurezza" sono vuote promesse. È molto probabile che, dietro le frasi di circostanza sulla "pace giusta", a Berlino e Parigi molti stiano tirando un sospiro di sollievo inconfessabile: la fine della guerra, anche se al prezzo della sovranità ucraina, significa la ripresa del business-as-usual e la fine dell'incubo escalation. Sono pronti a sacrificare Kiev sull'altare della loro tranquillità economica.

L'ultimatum americano mette l'Europa di fronte alla sua più grande umiliazione dalla Guerra Fredda. Se il piano passa – e passerà, perché l'Europa non ha la forza militare né politica per proporre un'alternativa – il messaggio sarà devastante: i confini in Europa si possono ridisegnare con i carri armati, e la NATO è un'alleanza che funziona solo quando conviene al bilancio federale americano.

Zelensky si trova ora di fronte a quella che lui stesso ha definito una scelta tra "perdere la dignità o rischiare di perdere un partner chiave". Ma la verità è più cruda: il partner lo ha già perso. L'America, quella che prometteva sostegno "as long as it takes" (finché serve), ha guardato l'orologio e ha deciso che il tempo è scaduto.

Questo piano non garantisce una "pace giusta e duratura", come recita stancamente la propaganda. Garantisce solo che l'aggressione paga, che i confini si possono ridisegnare con i carri armati e che gli Stati Uniti, alla fine, preferiscono stringere la mano a un dittatore piuttosto che difendere un principio scomodo.

Buon Ringraziamento, America. Speriamo che il tacchino non vi vada di traverso mentre servite l'Ucraina su un piatto d'argento al Cremlino.