Un canale diplomatico ombra, un inviato russo colpito da sanzioni e un piano di pace in 28 punti che rischia di ridisegnare i confini dell'Europa orientale. Sono questi gli elementi che stanno scuotendo i palazzi del potere a Washington e le cancellerie europee, in seguito alle rivelazioni su un incontro segreto avvenuto a Miami alla fine di ottobre tra rappresentanti dell'amministrazione Trump e Kirill Dmitriev, capo del Fondo Russo per gli Investimenti Diretti (RDIF) e stretto alleato di Vladimir Putin.
Il "Canale Miami" e la deroga speciale
Secondo diverse fonti a conoscenza dei fatti, l'incontro ha visto la partecipazione di figure chiave della cerchia ristretta del Presidente Donald Trump: il genero Jared Kushner e l'inviato speciale Steve Witkoff. Dall'altra parte del tavolo sedeva Kirill Dmitriev, figura centrale nella macchina finanziaria del Cremlino, inserito nella "lista nera" statunitense sin dal 2022 in risposta all'invasione dell'Ucraina.
La presenza di Dmitriev sul suolo americano ha sollevato immediati interrogativi legali e politici. Un alto funzionario statunitense ha confermato a Reuters che l'amministrazione Trump ha emesso una deroga speciale per consentire l'ingresso dell'inviato russo, aggirando di fatto le sanzioni che vietano a cittadini e aziende americane qualsiasi rapporto con lui e il suo fondo sovrano.
Il piano in 28 punti: pace o resa?
Il frutto di questi colloqui, definiti da molti osservatori come un tentativo di scavalcare i canali diplomatici tradizionali, è un piano in 28 punti per porre fine al conflitto. I dettagli emersi, resi pubblici inizialmente da Axios, delineano uno scenario fortemente sbilanciato verso le richieste di Mosca:
- Cessioni territoriali: L'Ucraina dovrebbe rinunciare a parti del territorio orientale che ancora controlla.
- Status della Crimea: Riconoscimento ufficiale della sovranità russa sulla penisola.
- Neutralità: Impegno formale di Kiev a non aderire alla NATO.
Mentre la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt, difende la bozza come un tentativo di trovare uno scenario "in cui entrambe le parti guadagnano", la reazione di Kiev è stata gelida. Il Presidente Volodymyr Zelenskiy ha giurato di non tradire gli interessi nazionali, nonostante le fortissime pressioni di Washington. Trump, infatti, avrebbe avvertito l'Ucraina della possibilità di limitare l'assistenza militare qualora il piano non venisse firmato entro il Giorno del Ringraziamento.
Cortocircuito istituzionale a Washington
La gestione dell'affare ha creato una frattura profonda all'interno dell'amministrazione statunitense. Molti alti funzionari del Dipartimento di Stato e del Consiglio di Sicurezza Nazionale sono stati tenuti all'oscuro. Persino Keith Kellogg, inviato speciale per l'Ucraina che stava lavorando a una sua strategia negoziale, è stato escluso dai colloqui guidati da Witkoff.
La confusione regna anche attorno alla figura del Segretario di Stato Marco Rubio. Sebbene il suo portavoce abbia dichiarato che Rubio fosse "strettamente coinvolto", altre fonti interne smentiscono categoricamente, affermando che "nessuno al Dipartimento di Stato se n'era accorto" e che il piano contiene elementi precedentemente respinti dallo stesso Segretario.
Il senatore repubblicano Roger Wicker ha espresso forte scetticismo: "L'Ucraina non dovrebbe essere costretta a cedere i suoi territori a uno dei più flagranti criminali di guerra del mondo, Vladimir Putin".
Il ritorno di Dmitriev: dal Russiagate ai cioccolatini di Putin
La figura di Dmitriev non è nuova nelle dinamiche tra Washington e Mosca. Già durante la prima amministrazione Trump, il banchiere russo aveva cercato di stabilire canali di back-channel, incontrando figure come Erik Prince e Jared Kushner (anche per la fornitura di ventilatori polmonari durante la pandemia), finendo persino nei radar dell'indagine del procuratore speciale Mueller.
Il suo recente viaggio a Miami ha assunto contorni quasi surreali. Oltre ai vertici geopolitici, Dmitriev ha incontrato la deputata repubblicana Anna Luna al Faena Hotel – struttura di proprietà di un miliardario russo – discutendo di legami commerciali e file su JFK. In un video diffuso dai media russi, si vede la deputata accettare in dono una scatola di cioccolatini con inciso il volto di Putin.
Prospettive incerte
Mentre il piano è stato consegnato a Kiev tramite la mediazione turca, gli esperti avvertono che la proposta potrebbe essere solo un punto di partenza per ulteriori richieste da parte di Mosca. Dara Massicot, del Carnegie Endowment, sottolinea come Putin consideri questo piano solo una "base", segnalando l'intenzione di chiedere ulteriori revisioni a un accordo già svantaggioso per l'Ucraina.
Con le scadenze imposte da Trump che si avvicinano, l'Ucraina si trova ora di fronte a un bivio drammatico: accettare una pace che assomiglia a una capitolazione o rischiare di perdere il supporto vitale del suo principale alleato.

Punti Critici
1. La questione della "Resa Tecnica"
Il piano descritto non chiede solo un cessate il fuoco sulla linea di contatto attuale (lo scenario "coreano" spesso ipotizzato dagli analisti), ma impone all'Ucraina di ritirarsi da territori che ancora difende. Questo verrebbe percepito dall'opinione pubblica ucraina e dal governo non come un compromesso doloroso, ma come una capitolazione preventiva.
2. L'Asimmetria degli Incentivi
Il piano punta sugli "incentivi economici" per indorare la pillola a Kiev. Tuttavia, la dottrina di sicurezza ucraina pone la sopravvivenza esistenziale dello Stato sopra ogni beneficio economico. La proposta americana sembra trattare il conflitto come una transazione immobiliare o commerciale (approccio tipico dell'amministrazione Trump/Kushner), mentre per l'Ucraina si tratta di una guerra di identità e sovranità.
3. Il Ricatto degli Aiuti
L'elemento più destabilizzante per Kiev non è il contenuto del piano in sé (che potrebbe essere respinto), ma la minaccia esplicita riportata da Reuters: il taglio dell'assistenza militare in caso di rifiuto. Questo costringe Zelensky in un vicolo cieco: firmare un accordo che considera un "tradimento" o continuare la guerra senza le munizioni necessarie per combatterla.
Il "Piano di Miami" appare costruito per soddisfare le esigenze di exit strategy degli Stati Uniti e le ambizioni territoriali della Russia, lasciando all'Ucraina il ruolo di parte soccombente. La distanza tra le due posizioni è attualmente incolmabile senza un cambio di regime a Kiev o un collasso totale del fronte, a meno che le "garanzie di sicurezza" menzionate dalla Casa Bianca non includano truppe occidentali sul terreno (scenario però improbabile dato il rifiuto della NATO).


