Tre quarti dei medici di famiglia toscani non credono che la spinta al rinnovamento della sanità territoriale possa davvero partire dal basso. Allo stesso tempo, chiedono alle istituzioni strumenti digitali migliori, meno burocrazia e un dialogo più diretto. È il quadro che emerge da un’indagine su oltre 300 professionisti, realizzata da Datanalysis per Comunità in Salute, progetto promosso dall’Osservatorio Oloshealth con il coinvolgimento della Regione Toscana, della AUSL Toscana Centro e di varie realtà professionali e civiche.

Tecnologia sì, sistema no
Il dato più evidente è la distanza tra apertura alla tecnologia e sfiducia nel sistema:

  • 79% dei medici è disposto a usare piattaforme digitali per dialogare con i pazienti.
  • 76% vede positivamente una rete integrata con il Fascicolo Sanitario Elettronico.

Ma una parte limitata riconosce pienamente il proprio ruolo nella riforma territoriale del DM77.
E anche se il 65% si vede come potenziale “regista” della rete di assistenza, pochi riescono a tradurre questa visione nella pratica quotidiana.
Tra le richieste più forti spiccano digitalizzazione, condivisione dei dati e teleconsulto: oltre tre quarti dei medici chiedono strumenti più evoluti, segno che non temono il cambiamento ma pretendono condizioni al passo con i bisogni reali della professione.

Comunità in Salute: medici, cittadini e istituzioni allo stesso tavolo
Il progetto Comunità in Salute prova a colmare proprio questo scollamento. In due anni ha coinvolto più di 60 persone tra medici, cittadini, infermieri e assistenti sociali per un totale di 78 ore di laboratori: spazi di co-progettazione dove le criticità vengono affrontate insieme e ogni parte porta competenze e vissuti.

Dalla collaborazione sono emersi tre punti chiave:

  • Superare barriere e ostacoli organizzativi che ingessano i percorsi.
  • Restituire tempo e valore alla relazione tra medico, paziente e comunità.
  • Costruire “reti agili di cura” basate su persone consapevoli, tecnologie connesse e progetti personalizzati.

Annalisa Mandorino, segretaria nazionale di Cittadinanzattiva, lo riassume così: la partecipazione non è ascolto passivo, ma contributo concreto alle soluzioni. Letizia Bocciardi, direttrice dell’Osservatorio Oloshealth, aggiunge che per la prima volta medici e cittadini stanno co-progettando modelli organizzativi che nascono dai bisogni reali e non da schemi calati dall’alto.

Il DM77 alla prova dei territori
Secondo Lorenzo Roti, direttore sanitario della AUSL Toscana Centro, la sperimentazione offre una lettura più completa delle indicazioni del DM77 perché porta alle istituzioni idee già condivise da professionisti e cittadini, riducendo la distanza con i territori e migliorando la qualità delle decisioni pubbliche.

Anche chi gestisce i servizi sociali vede il valore aggiunto: Rossella Boldrini sottolinea che il progetto non aggiunge “sovrastrutture”, ma ottimizza l’impianto della riforma con elementi essenziali per renderla davvero operativa.

Un confronto che riduce i conflitti e avvicina i bisogni
Per i medici coinvolti nei gruppi di lavoro, come Alessio Nastruzzi e Alessandro Bussotti, la forza del progetto sta nella possibilità di dialogare direttamente con i pazienti e con l’intero team di cura. Un confronto che spesso smonta incomprensioni, permette di costruire percorsi più aderenti ai bisogni e riduce i conflitti inutili nati da aspettative non allineate.

 
L’indagine conferma che i medici non rifiutano l’innovazione, ma si aspettano che le istituzioni diano strumenti reali e alleggeriscano il contesto in cui lavorano. Comunità in Salute prova a sostenere questa trasformazione partendo dalle persone, dalle relazioni e da un metodo che – a giudicare dai dati – sta iniziando a dare i primi risultati.