Un nuovo caso infiamma il dibattito sul ruolo del servizio pubblico televisivo. Questa volta al centro della bufera c'è "Facci ridere", trasmissione comica in onda su Rai2, condotta da Pino Insegno (e ti pareva!) e Roberto Ciufoli. A scatenare l'indignazione è stata una performance dell'influencer Christian Commisso, noto come Ruttovibe, che ha portato in prima serata una delle sue "specialità": rutti a ritmo di musica.

Una gag già nota al pubblico social, ma che sulla tv di Stato ha sollevato ben altro tipo di reazione, soprattutto politica. La senatrice del Movimento 5 Stelle, Dolores Bevilacqua, membro della Commissione di Vigilanza Rai, non ha usato mezzi termini: ha definito lo show "uno spettacolo indegno perfino dell'ultima tv locale di provincia" e ha puntato il dito contro la direzione della Rai, parlando di "decadenza del servizio pubblico".

Ma al centro del bersaglio non c'è solo l'esibizione: Bevilacqua lancia un attacco diretto anche a Pino Insegno, conduttore e volto considerato vicino alla premier Giorgia Meloni.

"A condurre, neanche a dirlo, Pino Insegno, noto per la sua amicizia personale con Giorgia Meloni", afferma la senatrice, insinuando che la scelta di palinsesto abbia più a che fare con logiche politiche che con la qualità dei contenuti.

Il tono della Bevilacqua è sarcastico e amaramente provocatorio: "Questo sarebbe il grande rilancio della Rai? Lo stesso rilancio che ha fatto sparire dalle programmazioni trasmissioni come Report e Presa Diretta?" Poi l'affondo finale: "Qual è il prossimo passo? Una gara di flatulenze in Eurovisione? Una rubrica sulle unghie incarnite?"

Non si parla, almeno per ora, di interrogazioni parlamentari. L'intento, spiega la senatrice, è quello di lanciare un appello pubblico alla dirigenza della Rai: "Smettetela di trattare il servizio pubblico come una barzelletta di cattivo gusto. C'è un limite a tutto, e questa sciatteria non fa più ridere nessuno".

Il rutto fascista è da considerarsi la "svolta" per seppellire una volta per tutte la "famosa" quanto tanto odiata egemonia culturale della sinistra? È questo a cui mirava Meloni?