Questo è l'intervento tenuto a Napoli dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella all'inaugurazione dell'anno accademico della Pontificia Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale.

"... Il Preside della Facoltà poc'anzi ha parlato dell'andamento della Facoltà; gli studenti e le studentesse sono figli della loro terra e del loro tempo. Sono in cammino, come è in cammino – come ha ricordato - la teologia.L'Arcivescovo, Gran Cancelliere, di questo cammino ha tracciato il percorso. Gli sono riconoscente, in grande misura, per l'alto valore del percorso che ha indicato e che ha disegnato con tanta forza e profondità. Avendo avuto il privilegio di poter leggere la Lectio qualche ora fa, questo mio apprezzamento, questo ringraziamento, questa riconoscenza è meditata.Ha richiamato – nella Lectio, sua Eminenza, Cardinale, Gran Cancelliere della Facoltà - l'autentico significato di legalità e di solidarietà, affinché questi elementi approdino alla giustizia che - come ha detto - “non concede scampo”, perché ne costituisce banco di prova; affinché non si esprimano – quei due valori, quei due comportamenti, legalità e solidarietà - in atteggiamenti meramente formali.La solidarietà - ha sottolineato - non si risolva nel lavarsi la coscienza. Solidarietà è, difatti, dono di sé; non soltanto di qualche bene. È dono di condivisione, di impegno, di partecipazione. Iniziative anche utili - talvolta anche molto utili - perdono valore se presumono di trasformarsi in alibi.Questo passo mi ha fatto ricordare un breve scritto molto efficace di Papa Francesco, quando era Arcivescovo di Buenos Aires. È un piccolo libretto sulla corruzione. Racconta che una signora - come il fariseo in piedi al centro della Sinagoga, del Vangelo di qualche domenica addietro - gli raccontava dei buoni comportamenti suoi e dei suoi familiari. Rispondeva, l'allora Arcivescovo di Buenos Aires: sì, va bene, ma tu e tuo marito gli operai li pagate correttamente, secondo quello che è giusto?Ecco, per questo, il Gran Cancelliere ha esortato, opportunamente, a coltivare autenticamente la dottrina sociale della Chiesa. La scelta del nome fatta dal nuovo Pontefice ha indotto tutti noi a ripensare all'insegnamento di Leone XIII sulle ingiustizie del suo tempo. E nel suo magistero Leone XIV, più volte, ha già ricordato, richiamato - e condannato - le ingiustizie di questo nostro tempo. Anche le odierne, insidiose nuove forme di ingiustizia.La Lectio – che abbiamo ascoltato - del Gran Cancelliere ci ha presentato definizioni taglienti di una falsa morale sociale, che si basa, anche, sulla affermazione assolutoria: “è sempre avvenuto così”.Non è vero che è sempre avvenuto così. Vi sono sempre stati, al contrario, nella vita delle varie comunità comportamenti di piena correttezza, sovente di generosa e autentica solidarietà, e comportamenti fraudolenti. Sempre vi è stato questo confronto e questa contrapposizione. Ma io continuo a essere convinto che i primi comportamenti siano di gran lunga più numerosi.Eminenza, tante altre sue considerazioni meriterebbero di essere riprese per riflettervi.Mi limito a porre insieme due diversi spunti che ci ha proposto: la teologia è chiamata a una memoria ostinata delle vittime; ha aggiunto che talvolta vengono uccise le speranze.Mi ha ricordato un disegno, che conservo nell'appartamento in cui vivo al Quirinale. L'ho citato più volte incontrando Capi di Stati di altri Paesi, parlando del fenomeno della migrazione. Vi è ritratto, sul fondo del mare, un ragazzino - poco più che bambino - circondato da animali marini, anche da uno squalo, che lo elogiano per la pagella che ha e che tiene in mano. Il disegno non nasce dalla fantasia fervida e brillante del disegnatore ma da un episodio ben conosciuto della realtà.Dieci anni fa nel Mediterraneo – che Lei poc'anzi ha ricordato, Eminenza - un vecchio peschereccio, carico di molte centinaia di migranti, è affondato. Erano – ripeto - molte centinaia, si valuta un migliaio di migranti: sono tutti annegati. Era vicino le nostre coste. Il Governo non ha voluto lasciarli sul fondo del mare e, nei mesi successivi, ha fatto riportare lo scafo in superficie.I nostri medici hanno esaminato le centinaia di corpi recuperati – oltre cinquecento - per cercare di dar loro un nome, per ricordarli. Una dottoressa – che ne ha scritto, in un suo libro – ha esaminato il corpo di questo ragazzino quattordicenne del Mali; esaminandolo si è resa conto che c'era qualcosa cucita nella fodera della giacca che indossava. Pensava di trovare un documento per poterlo indentificare. Ha aperto: non c'era un passaporto, c'era la pagella.I voti era difficile vederli, ormai, dopo tanti mesi nel mare. Ma era la pagella. Perché questo ragazzino evidentemente voleva dimostrare di essere bravo e di venire in Europa per studiare.Guardo spesso quella fotografia. E ogni volta mi chiedo chi sarebbe diventato questo ragazzino. E cosa abbiamo perduto con la sua morte e quella di tanti, tanti altri. Ecco, fa riflettere. E credo che sia più efficace – questo disegno – di tante altre considerazioni.Mi permetta ancora, Eminenza, di rifarmi a un'altra sollecitazione della sua Lectio: non possiamo sentirci neutrali.Non è ammesso, di fronte alla illegalità, essere “neutrali”. Non ci è concesso, di fronte all'ingiustizia, alle disuguaglianze, alla povertà di essere indifferenti. Non ci è permesso, di fronte alla violenza, alla prepotenza di essere equidistanti. Ce lo chiede anche la religione civile della nostra Costituzione, quella dei diritti universali dell'uomo.Lei è stato convincente, Eminenza: siamo chiamati a ricercare “in basso, sotto, vicino”. La sua conclusione – pare che abbia utilizzato le parole del Magnificat - non a caso, parole che anticipano quelle raccolte nel Discorso della montagna. Su questo richiamo mi permetto di far mio, allora, il suo invito alle studentesse e agli studenti della Facoltà perché siano sempre “più liberi, più veri, più esposti”. Affinché - in definitiva - siano pienamente portatori di speranza."

Come sempre, le parole di Sergio Mattarella sono "ineccepibili". 

In funzione di queste parole il presidente della Repubblica, però, dovrebbe chiedersi se lui di fronte all'ingiustizia, alle disuguaglianze, alla povertà non sia stato indifferente.

Ad esempio, abbracciare un "delinquente accertato" come il presidente israeliano Isaac Herzog non ha equivalso ad essere indifferenti all'ingiustizia e alle disuguaglianze?

Per questo, Mattarella - il tanto celebrato Mattarella - non dovrebbe iniziare a riflettere anche sull'ipocrisia?

Naturalmente, nessuno - prendendo in esame l'esempio appena citato - pretende che il presidente della Repubblica prenda a calci una canaglia come Herzog, ma, perlomeno, evitare di accoglierlo e celebrarlo con tutti gli onori come se fosse un amico è chiedere troppo?