L’ultimo rapporto dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il commercio e lo sviluppo (Unctad) non usa giri di parole: a Gaza l’uomo ha creato un abisso. Non è propaganda, non è l’ennesima dichiarazione faziosa, non è antisemitismo, ma una valutazione ufficiale che fotografa uno scenario che definire drammatico è sicuramente riduttivo.
Un’economia azzerata
Nei Territori occupati, infrastrutture disintegrate, servizi essenziali allo sfascio e una popolazione di 2,3 milioni di persone spinta verso un “impoverimento estremo e multidimensionale” compongono un panorama che rasenta l’irrecuperabile.
La cifra simbolo del collasso economico è impietosa: -87% di contrazione economica tra 2023 e 2024. Il PIL pro capite precipita a 161 dollari, fra i più bassi del pianeta. Ventidue anni di progressi bruciati in meno di due. Tornare ai volumi economici precedenti al 7 ottobre 2023? L’Unctad non gira attorno al problema: serviranno decenni, anche con aiuti ingenti.
La ricostruzione? Rimandata
Come se non bastasse, anche il percorso verso la ricostruzione è in stallo. L’Onu stima che per risollevare Gaza potrebbero volerci 70 anni, definendo l’attuale crisi “la peggiore mai osservata”. Ma la Conferenza internazionale dedicata alla ricostruzione, prevista per novembre, è stata rinviata a data da definirsi.
Secondo fonti egiziane citate da un quotidiano panarabo, il motivo è duplice: l’escalation ancora in corso e la richiesta di molti Paesi di garanzie che Gaza non venga distrutta di nuovo. Garanzie che, per ora, non esistono. Nel frattempo, la ricostruzione resta paralizzata mentre qualcuno continua a considerarla un affare più che un’urgenza.
Una realtà quotidiana che resta infernale
Sul terreno, la vita dei palestinesi continua a essere un incubo senza pausa. Nonostante il cessate il fuoco, violenza e morti non si fermano. Il Programma alimentare mondiale denuncia che la maggior parte delle famiglie riesce a malapena a procurarsi cereali e legumi, cucinati spesso bruciando plastica o materiali tossici per mancanza di gas.
All’orizzonte c’è anche un altro nemico: l’inverno. Tendopoli allagate, tempeste, temperature in calo e previsioni che indicano una delle stagioni più rigide degli ultimi anni. E gli aiuti? Continuano a entrare con il contagocce. I sistemi sanitari sono al limite del collasso. Semplice: i riflettori si sono abbassati, ma la tragedia continua.
Oltre Gaza: la crisi profonda della Cisgiordania
L’Unctad non si limita alla Striscia. Anche la Cisgiordania è in recessione profonda. L’espansione degli insediamenti, le restrizioni ai movimenti e la violenza crescente soffocano l’attività economica e minano servizi già fragili. A tutto questo si aggiunge il blocco dei trasferimenti fiscali da parte di Israele.
Dal 2019 Israele ha trattenuto circa 1,8 miliardi di dollari destinati all’Autorità Nazionale Palestinese. Una sottrazione che ha effetti devastanti sulla capacità amministrativa e sulla sopravvivenza dei servizi pubblici.
Una richiesta chiara
Davanti a un costo di ricostruzione stimato in oltre 70 miliardi di dollari, l’Unctad chiede una cosa semplice e ovvia: la comunità internazionale deve garantire un sostegno finanziario stabile e concreto, non interventi sporadici che tamponano ma non risolvono.
La realtà è lampante: Gaza non è solo distrutta. È stata svuotata economicamente, isolata politicamente e abbandonata. E senza un cambio di rotta deciso, rischia di rimanere in questo abisso creato dall’uomo (dall'esercito di occupazione dello Stato ebraico di Israele) per generazioni.


