Paul Watson, storico attivista canadese contro la caccia alle balene e fondatore di Sea Shepherd, è tornato a farsi sentire. Dopo oltre quattordici anni trascorsi a eludere un mandato d’arresto giapponese, Watson è apparso al COP30 di Belem, nel cuore dell’Amazzonia, per lanciare un nuovo appello: difendere gli oceani dalla distruzione silenziosa causata dall’uomo.

Durante il vertice sul clima, Watson ha ricordato ai delegati che la lotta al riscaldamento globale non può limitarsi alle foreste: “Gli oceani sono i veri polmoni del pianeta”, ha dichiarato a Reuters dal ponte della sua nave, la John Paul Dejoria. “Il fitoplancton produce gran parte dell’ossigeno che respiriamo. Se dovesse scomparire, moriremmo. Ma nessuno ci pensa, perché non si vede come una foresta.”

Il fitoplancton e molte altre forme di vita marina sono oggi minacciati dall’aumento delle temperature oceaniche e dallo scioglimento dei ghiacci polari. Per Watson, questa emergenza è il nuovo fronte di una battaglia che porta avanti dagli anni ’70, quando fu tra i primi membri di Greenpeace prima di fondare Sea Shepherd, il gruppo ambientalista diventato celebre per le azioni dirette contro baleniere e pescherecci illegali.

Dopo aver esultato per la fine della caccia alle balene in acque internazionali da parte del Giappone nel 2019 — in seguito alla sentenza della Corte Internazionale di Giustizia — Watson ha fondato nel 2022 la Captain Paul Watson Foundation, con l’obiettivo di proseguire la missione in difesa del mare. Oggi la sua attenzione si concentra su creature ancora più piccole: il krill, minuscoli crostacei che costituiscono la base della catena alimentare oceanica e la principale fonte di nutrimento per balene e pinguini.

Con l’entrata in vigore del  Trattato sull'Alto Mare (o Trattato BBNJ - Biodiversità Marina in Aree al di là delle Giurisdizioni Nazionali) prevista per gennaio, Watson ha annunciato di voler sfidare apertamente la Norvegia, accusandola di sottrarre dalle acque antartiche centinaia di migliaia di tonnellate di krill (piccoli crostacei che compongono lo zooplancton) ogni anno per alimentare i propri allevamenti di salmone. “Prelevano 620.000 tonnellate di krill dall’Oceano del Sud, togliendole dalla bocca delle balene e dei pinguini”, ha denunciato.

Ma la battaglia non si ferma qui. Watson ha anche puntato il dito contro l’espansione delle miniere sottomarine per l’estrazione di terre rare, un’industria che — secondo gli scienziati — potrebbe devastare ecosistemi ancora quasi sconosciuti. Negli Stati Uniti, l’ex presidente Donald Trump aveva ordinato di accelerare questi progetti, spingendo Watson a mettere in guardia contro “una nuova corsa all’oro” che rischia di distruggere gli oceani in nome della tecnologia verde.

Il suo arrivo in Brasile non è passato inosservato. Il Giappone ha chiesto l’arresto di Watson per presunti danni a una baleniera e lesioni a un membro dell’equipaggio, ma le autorità brasiliane hanno fatto sapere che non intendono procedere. “Il Giappone mi segue ovunque, e ovunque prova a farmi arrestare,” ha commentato Watson, ricordando che Interpol ha annullato nel 2022 il mandato internazionale di cattura emesso contro di lui nel 2012.

Negli ultimi giorni, Watson è stato visto accanto alla ministra dell’Ambiente Marina Silva e alla First Lady Rosangela da Silva, segno che il suo messaggio trova terreno fertile in un Paese che ospita sia la più grande foresta pluviale che una delle più vaste zone marine del pianeta.

Per Watson, però, il vero campo di battaglia resta il mare: invisibile, profondo e indispensabile alla vita sulla Terra. “Difendere gli oceani non è un atto di idealismo,” ha detto. “È una questione di sopravvivenza.”