Esteri

L'orgoglio nazionale sbandierato da Meloni? Un'Italia al servizio di Trump per disgregare l'Europa


L'ultima versione trapelata della National Security Strategy americana di cui è entrata in possesso Defense One— che la Casa Bianca finge non esista — è un concentrato di ideologia travestita da geopolitica. Non è più soltanto l'America che vuole guidare il mondo con il solito paternalismo; è l'America che pretende di riforgiare l'identità europea secondo i suoi gusti, scegliendo quali governi considerare “accettabili” in base alla loro compatibilità con il nuovo credo valoriale dell'amministrazione Trump.

E guarda caso, tra questi governi “compatibili”, spunta anche l'Italia di Giorgia Meloni. Una Meloni che, da anni, si presenta come eroina della “sovranità” nazionale, salvo evaporare ogni volta che Washington fischia. Perché se c'è una cosa che il documento rende chiara, è che gli Stati Uniti non vogliono alleati: vogliono satelliti ideologici pronti a fare da moltiplicatori delle loro battaglie culturali.

“Make Europe Great Again”: lo slogan che fa comodo a Washington
Tra le righe del documento, l'idea è grottesca: l'Europa sarebbe vittima di una estinzione della propria identità per colpa dell'immigrazione e della difesa della libertà di espressione. Una diagnosi che sembra uscita direttamente dai talk show del peggior populismo, non da un'analisi strategica seria.

Gli USA propongono di “lavorare di più” con Austria, Ungheria, Polonia e — ovviamente — l'Italia meloniana. Il fine? Indebolire l'Unione Europea, spingendo questi Stati verso un blocco di “nazioni sovrane” che però, magicamente, dovranno rimanere “pro-americane”. Una sovranità di cartone, utile solo agli interessi di Washington.

La Meloni, con la sua retorica sulla “difesa della civiltà occidentale”, non potrebbe chiedere copione migliore: finalmente qualcuno di grosso sposa il melodramma identitario che usa per fare campagna elettorale interna. Peccato che, nella pratica, ciò significhi solo accettare che gli USA dettino l'agenda, dall'immigrazione ai rapporti con Bruxelles.

L'illusione del multipolarismo controllato: il C5
La proposta americana di un “Core 5” con Cina, Russia, India e Giappone sa di improvvisazione diplomatica più che di visione strategica. Una sorta di G7 alternativo, slegato da criteri democratici: potenze autoritarie e potenze democratiche messe tutte nello stesso pentolone, con gli Stati Uniti che sperano di pilotare la conversazione.

È curioso vedere come un governo che si riempie la bocca di “valori occidentali” sia pronto a sedersi al tavolo con chi quei valori li calpesta quotidianamente — purché serva ai propri interessi. E ancor più curioso è che la Meloni, sempre pronta a fare la morale all'Europa, non dica una parola quando Washington celebra la “cooperazione con governi che condividono solo alcuni dei nostri principi”.

La coerenza non è di casa, né alla Casa Bianca né a Palazzo Chigi.

Fine dell'egemonia? Solo marketing politico
Il documento proclama che “l'egemonia americana non era raggiungibile”. Un'ammissione che avrebbe potuto aprire una stagione di realismo. Invece, è solo un trucco retorico: gli USA rinunciano alla facciata dell'“impero buono”, ma non alla sostanza del controllo. Semplicemente spostano l'attenzione: meno Europa, più emiciclo americano, con focus su cartelli della droga, Sudamerica e un Medio Oriente rimodellato a misura delle loro alleanze preferite.

E nel frattempo, pretendono che Paesi come l'Italia li seguano ciecamente, mascherando tutto sotto il mantello dei “valori tradizionali” e della “famiglia forte”. Parole che alla Meloni fanno brillare gli occhi: non per convinzione, ma per convenienza.

L'asse Washington–Meloni non è una scelta, è una dipendenza
Il quadro è semplice: gli Stati Uniti vogliono un'Europa indebolita, divisa, sentimentalmente reazionaria e politicamente docile. E tra i governi pronti a farsi usare come leva, quello italiano è in prima fila, felice di essere incluso nel club degli “affidabili” finché l'agenda americana coincide con la propaganda interna meloniana.

Questa non è geopolitica. Non è strategia. È un gioco sporco di identità, potere e convenienza. E l'Italia, con l'attuale governo, ci si sta infilando a occhi chiusi, convinta che basti sventolare bandiere per nascondere il fatto che sta cedendo pezzi di sovranità a un partner che non ha mai fatto mistero di volere un'Europa più debole — e più simile a lui.

Se questa è la “grandezza” che ci promettono, c'è ben poco di cui andare fieri.


Fonte: www.defenseone.com/policy/2025/12/make-europe-great-again-and-more-longer-version-national-security-strategy/410038

Autore Antonio Gui
Categoria Esteri
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