Volodymyr Zelensky arriva oggi a Londra per un vertice cruciale con i leader europei, mentre gli Stati Uniti insistono perché Kiev accetti un accordo di pace che, per ora, favorisce più Mosca che l'Ucraina. Il presidente ucraino incontrerà il premier britannico Keir Starmer, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Friedrich Merz, in un momento in cui la guerra ha imboccato una fase pesante: avanzate lente ma costanti dell'esercito russo a est e infrastrutture energetiche ucraine martellate al punto da lasciare intere città al buio per ore.

Zelensky, in viaggio verso Londra, ha chiarito le sue priorità senza giri di parole: difesa aerea, finanziamenti a lungo termine, tenuta energetica e soprattutto una posizione comune nelle trattative con Mosca. L'obiettivo è schierare l'Europa come blocco compatto, visto che da Washington arrivano pressioni sempre più esplicite per chiudere un accordo di cessate il fuoco. L'ultima proposta americana, confezionata dalla squadra negoziale di Donald Trump, è riassumibile come una resa incondizionata da parte di Kiev. Zelensky, affidandosi alla diplomazia, l'ha definita "costruttiva ma non semplice".

Il formato “E3” – Londra, Parigi, Berlino – della riunione odierna si allarga anche ad altri leader europei. In videocollegamento parteciperanno Giorgia Meloni, Alexander Stubb, Donald Tusk, il segretario generale della Nato Mark Rutte e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen. Un dettaglio politico non irrilevante: fino a ieri pomeriggio l'Italia non figurava tra gli invitati. Solo una mediazione diretta di Zelensky ha costretto francesi e britannici a rivedere la scelta.

Meloni ha provato a rimettersi in gioco chiamando Zelensky di cui ha annunciato una visita a Roma nei prossimi giorni. Ha anche promesso generatori italiani nelle prossime settimane, gesto utile ma lontano dalle esigenze militari immediate di Kiev. Se Londra e Parigi si muovono per blindare la difesa ucraina, Roma resta in una posizione di mezzo, sospesa tra prudenza interna, diplomazia europea e la necessità di non inimicarsi l'amministrazione Trump, che considera Meloni un'alleata e pretende fedeltà.

La premier italiana non è libera di muoversi come vorrebbe. Da una parte la Lega spinge contro ulteriori forniture militari a Kiev, Salvini scalpita e l'ipotesi di acquistare armi americane da girare all'Ucraina nel programma Purl è stata così congelata. Meloni agisce sapendo che ogni passo ha ricadute su più fronti: Bruxelles, Washington, governo e maggioranza. Il risultato è un equilibrismo che rischia di diventare immobilismo.

Zelensky, nel frattempo, non ha tempo da perdere. L'Ucraina vive quella che lui stesso definisce “una delle fasi più difficili” dall'inizio dell'invasione. Se l'Europa non si presenta con una linea unica, Washington e Mosca finiranno per decidere sopra la testa di Kiev. Il vertice di oggi serve esattamente a evitare questo scenario.


Londra è il banco di prova. Zelensky vuole dimostrare che l'Europa può restare unita, nonostante irritazioni, esclusioni iniziali e manovre di retrovia. Gli Stati Uniti vogliono chiudere. La Russia aspetta che gli alleati si spacchino. La guerra, mentre tutto ciò accade, continua senza tregua e senza spazio per illusioni.