La saggezza antica non riesce a filtrare l’indifferenza e il cinismo che guida il moderno intelletto umano. Le decisioni sono filtrate attraverso il freddo calcolo della mente lasciando fuori la coscienza: è il nuovo ed unico comandamento dell’antica dottrina del potere il cui culto è praticato con fedeltà e dedizione totale dal nuovo sacerdozio di anime morte a servizio dell’implacabile profitto. 

Nell’attuale periodo storico emerge con chiarezza l’orrida figura dell’Idra che da allegoria l’uomo moderno ha trasformato in una realtà operativa che con le sue teste tutto divora e nulla teme perché invincibile ed eterna. Il sistema capitalista deve essere affrontato e risolto radicalmente perché eliminarne una sola parte o tentare di patteggiare è inutile.

Questa mostruosità che sta mietendo milioni di vittime inermi ha le sue radici nella legge che riconosce la personalità giuridica al capitale per questo va eliminata da tutti gli ordinamenti giuridici per i suoi effetti devastanti sulle società civili, lo svuotamento sostanziale dei contenuti democratici delle Costituzioni e la concentrazione delle ricchezze nelle mani di pochi.

Il nome moderno dell’Idra è la società di capitali, un’entità disumanizzata che permette una forte concentrazione e accumulo di ricchezze che si traduce in un potere economico e politico notevole che può influenzare pesantemente le scelte fondamentali di un Paese.

Le società di capitali possono acquisire una posizione dominante e di conseguenza influenzare pesantemente i mercati tramite fusioni e acquisizioni riducendo la concorrenza, influenzando la produzione, i prezzi e l’innovazione. L'articolo 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea (TFUE) vieta espressamente tali pratiche, che includono comportamenti volti a escludere i concorrenti, a rendere difficile l'accesso al mercato per nuovi operatori e a influenzare il processo concorrenziale.

La motilità operativa sui mercati mondiali e la forte influenza politica di questa tipologia di società permette loro di sfruttare risorse e manodopera fissando prezzo e condizioni e la conseguente concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi.

Tale potere ha determinato pericolose deviazioni legate alla concorrenza sleale attraverso la quale molte società acquisiscono vantaggi ingiustificati a danno delle altre portando una maggiore concentrazione del potere economico e disuguaglianze sociali. Collegati alla concorrenza sleale vi sono altre deviazioni pericolose che si riflettono pesantemente sulla vita dei cittadini come l’elusione fiscale attraverso la quale le società di capitali possono sfruttare le differenze fiscali tra i vari paesi o le leggi nazionali per ridurre il proprio carico fiscale, distorcendo la concorrenza e sottrarre risorse ai servizi pubblici: lo stato sociale viene pesantemente sabotato.

Le pratiche anticoncorrenziali sono un abuso molto grave e pericoloso derivanti dalla posizione dominante o da accordi illeciti che hanno conseguenze dannose sui consumatori e soprattutto colpiscono le piccole imprese. In Italia la grande distribuzione ha fatto larghissimo uso di queste pratiche aprendo nelle vicinanze di negozi a conduzione familiare, soprattutto alimentari, dei supermercati killer che praticavano prezzi predatori, che consistevano nel vendere prodotti sottocosto per escludere i concorrenti dal mercato. Tale comportamento è considerato un illecito concorrenziale. Oggi siamo ricattati da questi giganti che pratica liberamente l‘aumento dei prezzi mettendo ancor più in difficoltà moltissime famiglie italiane, per non parlare del bassissimo livello di qualità dei prodotti che vengono venduti. Questi risultati sono dovuti anche ad accordi politici. Con la scomparsa delle imprese familiari è andato in crisi lo stato sociale, il sistema pensionistico, è aumentata la disoccupazione, le disuguaglianze e la povertà. Quando nel 2002 l’Italia ha adottato l’euro è scattata la grande truffa degli aumenti incontrollati ed è iniziato il declino irreversibile della nostra società. La concorrenza sleale può verificarsi anche a livello di soci. Il Codice Civile italiano (art. 2598 c.c.) sanziona le condotte contrarie alla correttezza professionale che possono danneggiare un'azienda concorrente. Per prevenire tali fenomeni, spesso si stipulano patti di non concorrenza con i soci.

L’aspetto a mio avviso più devastante è rappresentato dalla complessità delle strutture societarie, che si avvalgono di processi complessi e interconnessi che impediscono una supervisione e una regolamentazione da parte degli organi di controllo e che, di fatto, agevolano la mancanza di trasparenza e le pratiche sleali per danneggiare i concorrenti, come la diffusione di notizie false o diffamatorie o l'appropriazione di pregi altrui. Per contrastare le distorsioni della concorrenza e gli abusi di posizione dominante, l'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) ha il potere di imporre misure strutturali o comportamentali alle imprese. Il controllo delle concentrazioni aziendali, regolato dall'AGCM, ha lo scopo di evitare che le fusioni e le acquisizioni limitino la concorrenza in modo significativo. In realtà i garanti alla fine non garantiscono nulla perché la predazione economica si è affermata sempre di più. 

Queto sistema più che promuovere un reale e godibile progresso da parte della maggioranza della collettività provoca disuguaglianze nella distribuzione della ricchezza e del reddito che escludono i cittadini meno abbienti l'accesso ai servizi essenziali come sanità, istruzione e giustizia.  Attualmente si è diffusa una campagna di criminalizzazione della povertà per giustificare un sistema economico famelico e privo di regole.

Risiede nella natura giuridica la facilità con la quale le società di capitali riescono a rastrellare ingenti quantità di capitali e questo permette di accedere ad ulteriori risorse finanziarie rispetto alle imprese individuali o alle piccole società consentendo acquisizioni, fusioni e investimenti su larga scala.

Il danno maggiore sia economico, sociale e lavorativo che le grandi società provocano nell’economia generale di un Paese è la capacità di acquisire o incorporare imprese più piccole, portando a una riduzione del numero di operatori sul mercato, dei posti di lavoro e a una diminuzione della concorrenza effettiva a discapito della qualità, del giusto prezzo e dei diritti dei lavoratori.

Un altro elemento importante da valutare è il ruolo che riveste l’investimento nel processo di trasformazione di un’impresa, settore o sistema economico, in cui gli aspetti produttivi vengono trascurati a favore di quelli finanziari infatti una dipendenza sempre maggiore dai mercati finanziari, può portare a privilegiare i profitti a breve termine. Ciò può incentivare comportamenti che avvantaggiano il capitale a discapito degli investimenti a lungo termine e della stabilità economica di un Paese.

Le grandi imprese che hanno una forte influenza sul mercato possono adottare strategie che generano e amplificano le disuguaglianze, premiando la ricchezza piuttosto che il lavoro. Questo porta ad una pericolosa degenerazione in cui i soggetti già benestanti aumentano ulteriormente il loro potere economico e finanziario a danno della collettività. 

La soluzione radicale che potrebbe fermare questo strapotere e gli effetti devastanti del sistema che si è costituito è l’abolizione della normativa che attribuisce la personalità giuridica al capitale.

Tagliare la testa all’Idra è inutile perché i problemi cambiano forma ma non si risolvono, hanno la capacità di rigenerarsi ed ampliarsi. Occorre privare questa anomalia dell’ossigeno di cui ha bisogno per vivere abolendo il riconoscimento della personalità giuridica al capitale.