La manifattura statunitense ha chiuso novembre con un altro segno negativo. Per il nono mese di fila, il settore ha registrato una contrazione, schiacciato da ordini in calo e costi più alti per le materie prime. Le tariffe imposte dall'amministrazione Trump continuano a pesare e il quadro non mostra segnali convincenti di inversione.

Secondo l'indagine mensile dell'Institute for Supply Management (ISM), l'indice PMI manifatturiero è sceso a 48,2 punti dai 48,7 di ottobre, restando ben sotto la soglia dei 50 che separa crescita e contrazione. Il comparto rappresenta poco più del 10% dell'economia americana, ma la sua debolezza si ripercuote sull'intera catena produttiva.

Le tariffe colpiscono duro: tagli, delocalizzazioni e incertezza
Le dichiarazioni di alcuni produttori nel settore dei trasporti parlano chiaro: i dazi del 25% su veicoli e componenti — oltre 460 miliardi di dollari di importazioni — stanno costringendo a tagliare personale e rivalutare le strategie produttive. Diverse aziende stanno pianificando una produzione offshore che sarebbe stata destinata all'export dagli Stati Uniti.

Dal 1° novembre, inoltre, è entrata in vigore una nuova tariffa del 25% su camion medi e pesanti e relativi componenti. Un altro macigno per un settore già stremato da mesi di incertezza. Come sottolinea Stephen Stanley, capo economista di Santander US Capital Markets, "l'ambiente tariffario imprevedibile continua a trascinare verso il basso l'attività manifatturiera".

Pochi segmenti reggono, molti cedono
Solo quattro industrie tra quelle monitorate dall'ISM mostrano crescita: computer ed elettronica, macchinari e poche altre. Il resto arranca. Legno, trasporti, tessile: tutti in contrazione.

Le aziende chimiche lamentano domanda debole, mentre i produttori di beni generici parlano apertamente di costi più alti, shutdown governativo e incertezza globale. Anche l'intelligenza artificiale, in alcuni comparti, non sta aiutando: secondo alcuni produttori di legno, gli strumenti basati su AI stanno generando informazioni confuse e spesso errate, influenzando negativamente i comportamenti d'acquisto.

Ordini giù, consegne più rapide, prezzi in rialzo
Gli ordini futuri continuano a peggiorare: l'indice ISM dei nuovi ordini è sceso a 47,4, segnando contrazione in nove degli ultimi dieci mesi. Gli ordini arretrati si riducono, segnale inequivocabile di una domanda che non torna.

Le catene di fornitura, complice la debolezza del mercato, non sono sotto pressione: le consegne sono persino più rapide rispetto al mese precedente. Ma i costi non calano: i produttori hanno pagato di più per gli input, e questo mantiene vivo il rischio di un'inflazione sopra l'obiettivo del 2% della Fed.

L'occupazione cala da dieci mesi: segnale pessimo per i lavoratori
Il mercato del lavoro manifatturiero continua a restringersi. Per il decimo mese consecutivo, l'occupazione nel settore è in calo. Il 67% delle aziende sta gestendo il personale con logiche di contenimento, non di assunzione. Una dinamica preoccupante in un momento in cui le opportunità per i lavoratori manuali non sono certo abbondanti.

Un settore "malato" secondo gli economisti
Per gli economisti, le tariffe non stanno rilanciando la manifattura americana. Carl Weinberg di High Frequency Economics è lapidario: "Il settore manifatturiero è malato". E i problemi strutturali — dalla carenza di manodopera alla competizione globale — non spariranno con misure protezionistiche.

Perfino la Corte Suprema ha sollevato dubbi sulla legalità dei dazi, alimentando l'incertezza. Un eventuale giudizio avverso potrebbe aprire un nuovo capitolo di caos, vista la predisposizione dell'ex presidente a cambiare tattica da un giorno all'altro.