Non c'è niente di eroico, né tantomeno di “strategico”, in quello che sta succedendo a Pokrovsk. C'è solo la messa in scena di un delirio bellico che ormai sfiora la parodia: soldati russi che avanzano su motociclette e sui tetti di automobili sfasciate, in un paesaggio coperto di nebbia che sembra uscito da Mad Max. Solo che qui non si tratta di cinema. È realtà. E ogni metro di terreno conquistato costa vite umane.
Mosca parla trionfalmente di una nuova “spinta” verso il cuore del Donetsk, di una “porta d'ingresso” che si apre verso Kramatorsk e Sloviansk. Ma la verità è che la Russia sta usando le stesse tattiche di sempre: la propaganda prima della pietà, lo spettacolo prima della strategia. Hanno impiegato oltre un anno per accerchiare una città media come Pokrovsk, mentre raccontano al mondo di essere una superpotenza inarrestabile.
I video che circolano sui canali russi mostrano veicoli senza porte, soldati aggrappati ai tettucci come comparse di un film d'azione a basso costo, e droni che scrutano un paesaggio spettrale disseminato di rottami. La Russia, che voleva “denazificare” l'Ucraina, sta solo zombificando se stessa: un esercito che avanza su carcasse di automobili, un potere che si alimenta di rovine e menzogne.
Mentre Putin si vanta di controllare “il 19% dell'Ucraina”, la realtà è che ha distrutto il 100% della credibilità del suo Paese. Pokrovsk è solo l'ennesimo simbolo di un impero in decomposizione che scambia il fango per conquista e il silenzio dei morti per vittoria.
Nel frattempo, Kiev combatte casa per casa, cercando di resistere a un nemico che usa la nebbia per nascondersi dai droni, ma non riesce più a nascondere la propria disperazione. I 150.000 uomini concentrati attorno alla città non sono un segno di forza: sono la misura dell'ossessione, la prova che il Cremlino ha bisogno di un trofeo qualunque per continuare a raccontare ai propri cittadini che la guerra “va bene”.
Like the living dead, having metastisized into the Free World, filthy Russian trash rolls into the outskirts of Pokrovsk.
— Jay in Kyiv (@JayinKyiv) November 11, 2025
A culture of filth, theft, rape and murder, Russians doing the only thing they understand.pic.twitter.com/C0zLFq37I0
Eppure, non va bene niente. Non va bene la distruzione sistematica di città ucraine, non va bene la complicità silenziosa di chi guarda altrove, e non va bene che nel 2025 si debba ancora commentare una guerra che somiglia sempre più a una distopia autoprodotta.
Pokrovsk non è un “successo militare”. È un monumento all'assurdo: motociclisti tra le macerie, droni tra gli alberi, generali che si vantano di aver preso 256 edifici come se fossero trofei in un videogioco. Ma questa non è una partita. È la cronaca di un'Europa che brucia, mentre qualcuno ancora finge di non sentire l'odore del fumo.


