Politica

Salvini e l'eterna fascinazione per Putin

Questo è quanto ha detto il vicepremier e segretario della Lega Matteo Salvini alla festa della Lega Lombarda a Castelcovati in provincia di Brescia:

"Il mio appello è che l'Europa non faccia saltare il dialogo ripreso tra Stati Uniti, Ucraina e Russia. Lascino lavorare Trump, Zelensky e Putin, non si mettano di mezzo tedeschi, francesi e inglesi, perché rischiano di far saltare tutto, come hanno già rischiato di far saltare l'accordo in Medio Oriente. Lascino lavorare Trump, Zelensky e Putin, perché ho come l'impressione che in Europa qualcuno abbia interesse a che la guerra vada avanti per vendere più armi. Sicuramente noi ci smeniamo. Lo ha detto il vice premier e segretario della Lega Matteo Salvini, arrivando alla festa della Lega Lombarda a Castelcovati in provincia di Brescia.Come tra Israele e Palestina, lasciamo che il piano di Trump possa essere analizzato da Zelensky e da Putin, non riguarda né Parigi né Berlino nè Londra. Fra Parigi Londra e Bruxelles, che nessuna rompa le scatole.Qual è l'Europa quella che vuole mandare l'esercito europeo a combattere in Russia? Non nel mio nome. Truppe in Ucraina? Mai, mai, ma figurati… Lasciamo che su questo piano, che lo stesso Trump dice che è perfettibile, ragionino le due parti in causa: Zelensky e Putin, non Macron o altri guastafeste. Non penso che nessun possa ascoltare Macron, Starmer o altri…".

Le ultime dichiarazioni di Matteo Salvini sembrano un copione già visto: l'Europa dipinta come un branco di incapaci "che rompono le scatole", mentre i "grandi" — in questo caso Trump, Putin e Zelensky (quest'ultimo citato perché non poteva farne a meno) — dovrebbero essere lasciati liberi di decidere in santa pace il destino del continente. Una narrazione che fa comodo, certo, ma che è talmente distorta da sfiorare la caricatura.

Secondo il leader della Lega, Francia, Germania e Regno Unito dovrebbero stare zitte e buone, perché il loro intervento rischierebbe di "far saltare tutto", in relazione al "cosiddetto" piano di pace dettato dalla Russia a Trump (via Witkoff"). Come se tre tra le principali potenze europee fossero adolescenti impertinenti e non attori fondamentali di una crisi che riguarda direttamente la sicurezza del continente.

Ma il vero colpo di genio arriva quando Salvini suggerisce che in Europa qualcuno avrebbe interesse a far durare la guerra per "vendere più armi". L'ennesimo ammiccamento complottista buttato lì senza uno straccio di prova, ma sufficiente per far scattare applausi facili. Oltretutto, le armi che sarebbero "vendute" sarebbero quasi esclusivamente quelle statunitensi del suo nume tutelare Donald Trump.

Curioso poi come Salvini invochi un'Europa silenziosa, docile, possibilmente assente… salvo poi lamentarsi che l'Europa "non conti nulla". Se la "soluzione" fosse lasciare il destino dell'Ucraina in mano a Trump, a Putin (che quella guerra l'ha scatenata) e a Zelensky, allora a cosa dovrebbe servire l'Europa? A pagare i danni? A incassare i rifugiati? A farsi carico delle conseguenze economiche e geopolitiche mentre altri decidono?

Il paradosso è che Salvini pretende che l'UE si faccia da parte proprio nel momento in cui l'unica cosa sensata sarebbe una linea europea compatta, seria e autonoma. Ma la complessità, si sa, non è funzionale alla sua comunicazione: molto meglio uno slogan aggressivo, un nemico da indicare e un colpevole immaginario da additare.

E poi, ciliegina sulla torta: "Non nel mio nome", dice Salvini, parlando di truppe europee in Ucraina. Perfetto — nessuno lo aveva interpellato. Tantomeno gli europei hanno bisogno del permesso di un vicepremier italiano per partecipare o non partecipare a ipotetiche missioni internazionali che, ad oggi, non esistono. Ma nella sua narrazione c'è sempre un Macron invasato, uno Starmer che complotta, un'Europa che trama, tutti impegnati a fare i guastafeste su un piano di pace che dovrebbe invece esser definito piano di resa.

La verità è semplice: Salvini usa l'Europa come bersaglio quando gli conviene e come stampella quando gli serve. Ma soprattutto, continua a parlare di politica estera come fosse un derby calcistico: tifo, slogan, nemici inventati, eroi idealizzati. Solo che qui non si parla di pallone. Si parla di una guerra vera, con morti veri e conseguenze reali.

E forse sarebbe il caso che chi ricopre un ruolo di governo la smettesse di trattare la geopolitica come una puntata del teatrino populista di cui si nutre da anni, soprattutto quando le materie di cui si dovrebbe occupare, trasporti e infrastrutture, sono allo sbando.

Autore Egidio Marinozzi
Categoria Politica
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