Esteri

Ondate di violenza nel cuore della Cisgiordania: il raccolto delle olive si trasforma in stagione del terrore

La Cisgiordania sta vivendo una delle stagioni di raccolta delle olive più violente degli ultimi anni. Quello che tradizionalmente rappresenta un momento di unità familiare e continuità culturale per i palestinesi, si è trasformato in un incubo quotidiano fatto di aggressioni, incendi e devastazioni.

Secondo quanto riportato dal quotidiano israeliano Haaretz, nelle ultime due settimane decine di villaggi sono stati presi di mira da gruppi organizzati di coloni israeliani, spesso armati e incappucciati, che operano con coperture parziali o implicite da parte dell'esercito.

Attacchi coordinati e violenza sistematica
Le aggressioni non sono episodi isolati, ma seguono un modello ben definito. Coloni armati scendono dalle colline durante le ore notturne o all'alba, attaccano contadini intenti a raccogliere le olive, rubano i frutti, appiccano incendi, tagliano alberi secolari e danneggiano veicoli. In molti casi, le forze israeliane presenti sul posto non intervengono per proteggere i civili palestinesi, anzi impongono "zone militari chiuse" per impedire l'accesso ai terreni agricoli.

Le zone più colpite includono le aree di Ramallah e Nablus: tra queste, Duma, Silwad, Kafr Malik, Burin, Beta, e il campo di Nur Shams. In molte località gli attacchi hanno distrutto migliaia di alberi, patrimonio agricolo e affettivo fondamentale per l'identità palestinese.

Vittime e testimonianze
Il rapporto cita episodi di particolare gravità. Tra questi, l'uccisione del cittadino palestinese Mohammed al-Shalabi, inseguito da coloni a bordo di un pick-up grigio: il suo corpo è stato ritrovato ore dopo, con evidenti ferite letali e colpi d'arma da fuoco alla schiena. Un altro giovane, Saif al-Din Musallat, è stato gravemente ferito nel corso di un agguato simile.

A Beta, a sud di Nablus, circa 150 residenti sono stati presi di mira mentre raccoglievano olive vicino a una nuova avamposto colonico. L'attacco ha provocato 20 feriti, tra cui un civile colpito da arma da fuoco, oltre all'incendio di otto automobili e al danneggiamento di un'ambulanza.

Un assalto all'identità e alla terra
Secondo l'analisi di Haaretz, l'obiettivo di queste azioni non è soltanto economico o intimidatorio, ma profondamente strategico: colpire il legame tra i palestinesi e la loro terra. Il raccolto delle olive rappresenta una tradizione culturale millenaria, simbolo di radicamento e resilienza. Distruggere gli ulivi significa colpire direttamente la continuità storica e la permanenza dei palestinesi in quelle aree.

Complicità e impunità
Il rapporto denuncia anche la presenza di forze di sicurezza israeliane che, invece di fermare gli aggressori, talvolta li proteggono o impediscono ai palestinesi di difendersi. In altre circostanze, viene dichiarata l'area “zona militare chiusa”, consentendo ai coloni di operare senza testimoni né opposizione.

Resistenza e solidarietà
Nonostante il clima di violenza, i palestinesi non hanno interrotto la raccolta. È stata lanciata l'iniziativa “Olive 2025”, sostenuta da attivisti locali e internazionali, per garantire la continuazione del raccolto e documentare le violazioni sui terreni agricoli. La campagna ha visto anche l'arresto di coordinatori e volontari, come Rabi Abu Na'im, detenuto amministrativamente alla vigilia dell'inizio del raccolto.

Conseguenze economiche e umanitarie
Oltre alla perdita dei raccolti, le comunità colpite affrontano gravi danni economici, aggravati dalle condizioni climatiche avverse che già stanno riducendo la resa degli ulivi. La distruzione degli alberi, alcuni dei quali centenari, rappresenta una ferita profonda e difficilmente sanabile: non solo sul piano produttivo, ma anche su quello simbolico.

Un popolo che resiste
Malgrado la violenza e i tentativi di espulsione indiretta attraverso la pressione agricola, i palestinesi ribadiscono la loro determinazione a restare. Ogni albero curato, ogni oliva raccolta è oggi un atto di resistenza civile.

"Non lasceremo le nostre terre. L'ulivo è la nostra storia e la nostra identità", affermano i contadini, mentre affrontano una stagione che ha smesso di essere una festa per diventare un fronte di difesa.
 

Il raccolto delle olive del 2025 passerà alla storia non solo per l'intensità degli attacchi, ma per la resilienza dimostrata dalle comunità palestinesi. Mentre le aggressioni dei coloni continuano con un grado di sistematicità che solleva interrogativi sulla responsabilità dello Stato occupante, cresce anche la mobilitazione internazionale a sostegno del diritto dei palestinesi a vivere, coltivare e restare sulla propria terra.



Foto in alto: Itamar Ben Gvir, colui che coordina le violenze dei terroristi ebrei in Cisgiordania.

Autore Giuseppe Ballerini
Categoria Esteri
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