Dieci anni fa, sulle coste di Lesbo, quattro bagnini decisero che non avrebbero potuto restare a guardare. Era settembre 2015 e davanti a loro si consumava la tragedia dei naufragi nel Mediterraneo. Da quel gesto semplice e radicale è nato Open Arms, una ONG che in dieci anni ha salvato oltre 80.000 vite e che oggi continua a battersi per la dignità e i diritti umani, nonostante ostacoli politici e giudiziari.
Dal primo salvataggio a Lesbo al Mediterraneo centrale
Dalle prime operazioni fino alle grandi missioni nel Mediterraneo centrale, le navi Astral, Golfo Azzurro, Open Arms e Open Arms Uno hanno compiuto 122 missioni di soccorso, spesso in condizioni estreme. Ma al fianco delle storie di salvataggio ci sono stati anche processi, sequestri e sanzioni. Emblematico l’episodio del 2019, quando la nave Open Arms restò ferma per 19 giorni davanti a Lampedusa con 163 persone a bordo, finché la magistratura italiana non intervenne.
«L’immagine del piccolo Alan è diventata il simbolo di questa tragedia – spiega Oscar Camps, fondatore di Open Arms – perché ha trasformato una tragedia lontana in una ferita personale per milioni di persone. Oggi celebriamo i 10 anni della nostra ONG, ma soprattutto ricordiamo che salvare vite non dovrebbe mai essere messo in discussione. Difendiamo il diritto alla vita e chiediamo all’Europa di rispettarlo».
Ostacoli e criminalizzazione delle ONG
Negli ultimi anni le operazioni sono diventate sempre più difficili. «Dal dicembre 2023 – ricorda Valentina Brinis, advocacy officer – le ONG sono state colpite da 32 fermi amministrativi, che significano oltre 700 giorni di inattività forzata e più di 800 giorni sprecati in navigazioni imposte verso porti lontanissimi. In totale 330.000 chilometri percorsi inutilmente. Queste politiche hanno un unico risultato: ostacolare chi salva vite e trasformare la morte in mare in una normalità accettata».
Oltre il Mediterraneo
Open Arms non ha operato solo in mare. Negli ultimi dieci anni ha organizzato evacuazioni dall’Ucraina, portato aiuti in Turchia e Siria dopo il terremoto, raggiunto Gaza nel 2024 con un corridoio marittimo da Cipro insieme a World Central Kitchen e consegnato 200 tonnellate di alimenti sotto i bombardamenti.
Ha inoltre garantito voli umanitari verso India, Mozambico, Mayotte, Riunione e collaborato con missioni in Bangladesh.
Per ricordare questi dieci anni, il 29 settembre alla Llotja de Mar di Barcellona si terrà un evento che non sarà una festa, ma un atto di memoria, impegno e rivendicazione. Ci saranno una cena commemorativa, una performance de La Fura dels Baus e la conduzione del giornalista Marc Giró, insieme a volti della cultura, dello sport e della ricerca che hanno sostenuto Open Arms in questo percorso.
«Dieci anni fa tutto è iniziato con un gesto semplice: non distogliere lo sguardo – ricorda Oscar Camps –. Questo anniversario appartiene a tutte le persone e realtà che hanno camminato al nostro fianco. Finché ci sarà una vita in pericolo, in mare o a terra, Open Arms sarà lì».


