Una violenta ondata di maltempo sta devastando la Striscia di Gaza da giovedì, lasciando dietro di sé morte, crolli e migliaia di famiglie ancora più esposte alla crisi umanitaria in corso. In meno di 24 ore, il gelo e le forti piogge hanno provocato la morte di 14 palestinesi, secondo fonti mediche e locali.
Crolli a catena in tutta la Striscia
La Protezione civile e i servizi di emergenza riferiscono che sei persone sono morte nel crollo di un'abitazione della famiglia Badran nella zona di Bir al-Naaja, nel nord della Striscia. Altri due decessi sono stati registrati nel pomeriggio nel quartiere Al-Rimal di Gaza City, mentre un altro crollo ha ucciso una persona nel campo profughi di Shati.
Il freddo estremo ha causato anche la morte di tre bambini: due a Gaza City e uno a Khan Younis. Un'altra vittima è stata estratta dalle macerie di un edificio residenziale crollato, mentre le squadre di soccorso continuano a scavare alla ricerca dei dispersi.
Finora, sono circa 15 le abitazioni crollate in diverse aree della Striscia, inclusi gli ultimi crolli nei quartieri di Al-Karama e Sheikh Radwan a Gaza City. Le operazioni di soccorso proseguono in condizioni proibitive.
Decine di migliaia di famiglie sotto la pioggia
La tempesta ha colpito una popolazione già in affanno. Tende, rifugi improvvisati, serre e perfino pollai sono diventati casa per molti degli oltre due milioni di sfollati dall'inizio dell'offensiva israeliana nell'ottobre 2023. Le stime locali parlano di 300.000 famiglie costrette a vivere in tende.
Sotto la pioggia torrenziale e tra fiumi di fango, migliaia di famiglie non hanno avuto alternative. Come Abu Darabi, che nonostante l'allerta sul maltempo è rimasto nella sua tenda, l'unico riparo disponibile. Scalzo, tentava di bloccare l'acqua che entrava, mentre i figli cercavano riparo sotto una lamiera e la moglie raccoglieva vestiti zuppi.
“Una parte del nostro cibo è andata persa, i materassi, le coperte e i vestiti dei bambini sono fradici. Non so come supereremo l'inverno”, ha detto. Un tempo coltivatore, oggi vive nel fango dopo la distruzione della sua casa e delle sue terre a Beit Lahiya. La sua tenda è piantata accanto a una discarica dal mese di ottobre.
Tende logore, piogge incessanti e aiuti bloccati
L'ONU ha dichiarato che l'83% delle abitazioni di Gaza è stato distrutto. Le tende distribuite due anni fa stanno cedendo, il materiale si è deteriorato e le restrizioni all'ingresso degli aiuti aggravano tutto.
Le aree centrali di Gaza — Deir al-Balah e i campi profughi circostanti — sono ormai soffocati da sovraffollamento e strutture instabili. Nel sud, Rafah e gran parte di Khan Younis sono distrutte. Migliaia di famiglie si sono riversate nella zona agricola di Al-Mawasi, che ora è in parte sommersa dalle alluvioni.
Testimoni riferiscono che l'acqua ha invaso i campi di sfollati di Al-Bassa e Al-Baraka, ad Al-Nuseirat e nella stessa Al-Mawasi.
If the situation doesn't change in Gaza, people will be drowning under the storm and rainwater pic.twitter.com/i08xb0saGh
— I am Parastoo🇮🇷🇵🇸 (@Paraastooo) December 12, 2025
Storie di sopravvivenza e perdita
Hussein Youssef, 23 anni, cercava qualcosa per deviare l'acqua dalla sua tenda. La famiglia è sfollata da Jabalia a Deir al-Balah. “Avevamo una casa grande. Sono stato imprigionato per due anni e, quando sono uscito, ho trovato mio padre morto, la casa distrutta e la mia famiglia in una tenda”, ha raccontato.
Nonostante il cessate il fuoco in vigore dall'11 ottobre 2025, che ha ristretto ulteriormente lo spazio di vita dei palestinesi con la creazione di una “linea gialla” oltre la quale è vietato entrare, la demolizione di case continua. E ora la pioggia mette a rischio anche chi riesce ancora a vivere tra mura lesionate e edifici instabili. Nel quartiere Al-Nasr, la famiglia Baghadadi è riuscita a fuggire appena in tempo prima che la sua casa crollasse.
Una crisi umanitaria senza tregua
Oggi, 2,3 milioni di persone vivono stipate in meno della metà della Striscia, con scarso accesso a cibo, ripari e sicurezza. La mancanza di materiali adeguati espone migliaia di famiglie alla pioggia e al freddo.
Per persone come Abu Darabi, Hussein Youssef e tanti altri, la sopravvivenza non ha nulla a che fare con il comfort: è una lotta quotidiana per tenere fuori l'acqua, salvare il poco cibo rimasto e proteggere i bambini. Una lotta contro gli elementi e contro una realtà imposta dalla guerra, che sembra non dare tregua nemmeno con il cessate il fuoco.
Fonte: agenzia stampa Wafa


