Esteri

Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU approva il piano Trump per Gaza: tra promesse di stabilizzazione e profonde incertezze politiche

"L'adozione da parte del Consiglio di Sicurezza della risoluzione su Gaza è un passo importante nel consolidamento del cessate il fuoco, al quale il Segretario Generale incoraggia tutte le parti a attenersi.È ora fondamentale trasformare lo slancio diplomatico in passi concreti e urgenti sul terreno. Le Nazioni Unite sono impegnate a mettere in pratica i compiti loro affidati nella risoluzione, intensificando l'assistenza umanitaria per soddisfare le necessità dei civili a Gaza e sostenendo ogni sforzo volto a portare le parti verso la fase successiva del cessate il fuoco.Il Segretario Generale elogia i continui sforzi diplomatici di Egitto, Qatar, Turchia, Stati Uniti e dei Paesi della regione.Il Segretario Generale sottolinea l'importanza di procedere verso la seconda fase del Piano statunitense, che conduca a un processo politico per il raggiungimento della soluzione a due Stati, in linea con le precedenti risoluzioni delle Nazioni Unite".

Così Stéphane Dujarric, portavoce del segretario delle Nazioni Unite Antonio Guterres, ha commentato l'adozione della risoluzione su Gaza da parte del Consiglio di Sicurezza.

Hamas, almeno ufficialmente, ha commentato negativamente la risoluzione, sostenendo che non risponde alle richieste né ai diritti politici e umanitari del popolo palestinese, in particolare degli abitanti della Striscia di Gaza.

Secondo il movimento, Gaza ha subito per due anni una guerra di annientamento definita "brutale", segnata da crimini senza precedenti compiuti "dall'occupazione", sotto gli occhi del mondo. Nonostante l'annuncio della fine delle ostilità secondo la proposta dell'amministrazione Trump, le conseguenze dell'offensiva – sottolinea Hamas – restano ancora evidenti e continuano a colpire la popolazione.

Hamas sostiene che la risoluzione imponga una sorta di amministrazione fiduciaria internazionale sulla Striscia, un'impostazione respinta dal popolo palestinese e dalle sue forze politiche. Inoltre, secondo il movimento, il testo servirebbe a realizzare obiettivi che Israele non sarebbe riuscito a ottenere con la forza militare.

Il movimento denuncia anche che la risoluzione contribuisce a separare Gaza dal resto del territorio palestinese e tenta di imporre nuove realtà politiche in contrasto con i diritti nazionali del popolo palestinese. Tale approccio, afferma Hamas, minerebbe il diritto dei palestinesi all'autodeterminazione e alla creazione di uno Stato indipendente con capitale Gerusalemme.

Hamas ribadisce che la resistenza all'occupazione – compreso l'uso delle armi – è un diritto riconosciuto dal diritto internazionale. Sostiene inoltre che la questione del disarmo riguarda esclusivamente il dibattito interno palestinese, da affrontare solo in un contesto politico che garantisca la fine dell'occupazione e la nascita dello Stato palestinese.

Il movimento respinge il mandato assegnato a eventuali forze internazionali all'interno della Striscia, in particolare se destinate a occuparsi del disarmo. Ciò toglierebbe, secondo Hamas, ogni parvenza di neutralità, trasformando tali forze in parte attiva del conflitto. L'unica presenza internazionale accettabile sarebbe, afferma il movimento, una missione dispiegata esclusivamente ai confini, con funzioni di monitoraggio del cessate il fuoco e sotto piena supervisione delle Nazioni Unite, coordinata con le istituzioni palestinesi e senza alcun coinvolgimento israeliano.

Hamas richiama l'attenzione sulla gravissima crisi umanitaria in corso nella Striscia e sostiene che aiuti, soccorsi e apertura dei valichi devono essere diritti garantiti, non strumenti di pressione politica. Denuncia inoltre l'esistenza di meccanismi di distribuzione troppo complessi in un contesto di devastazione senza precedenti.

Il movimento chiede che gli aiuti fluiscano rapidamente attraverso l'ONU e le sue agenzie competenti, in particolare l'UNRWA, per affrontare l'emergenza.

Hamas invita infine la comunità internazionale e il Consiglio di Sicurezza a ristabilire il primato del diritto internazionale e dei valori umanitari. Chiede decisioni che garantiscano giustizia per Gaza e per la causa palestinese: fermare definitivamente l'offensiva militare, avviare la ricostruzione, porre fine all'occupazione e riconoscere il diritto del popolo palestinese a determinare il proprio futuro e a costituire uno Stato indipendente con capitale Gerusalemme.


Di tutt'altro avviso il punto di vista sulla risoluzione che proviene dall'ANP. Il portavoce di Fatah nella Striscia di Gaza, Munther al-Hayek, ha espresso il pieno sostegno del movimento alla risoluzione 2803 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, definendola un passaggio significativo verso l'apertura di un nuovo percorso politico per il popolo palestinese dopo mesi di attacchi e sofferenze.

In una dichiarazione diffusa ai media, al-Hayek ha sottolineato che la risoluzione poggia su una serie di principi fondamentali che Fatah considera elementi chiave per qualsiasi fase politica futura. Tra questi: la stabilizzazione del cessate il fuoco, l'ingresso senza ostacoli degli aiuti umanitari, l'avvio della ricostruzione, il diritto all'autodeterminazione, la creazione dello Stato palestinese e il rafforzamento del ruolo dell'Autorità Nazionale Palestinese.

Secondo il portavoce, la decisione del Consiglio di Sicurezza rappresenta un'opportunità concreta per consolidare i diritti nazionali del popolo palestinese e per mobilitare la comunità internazionale verso la fine dell'occupazione e il raggiungimento di una pace giusta e duratura nella regione.

Al-Hayek ha concluso ribadendo che Fatah vede nella risoluzione 2803 una base solida su cui costruire un futuro migliore per i palestinesi, dopo un periodo segnato da distruzione e crisi umanitaria.

Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato una risoluzione che sostiene le proposte avanzate da Donald Trump per una "pace duratura" nella Striscia di Gaza. Il testo include l'istituzione di una forza internazionale di stabilizzazione e un possibile percorso verso la creazione di uno Stato palestinese sovrano.

La risoluzione è stata adottata con 13 voti favorevoli e le astensioni di Cina e Russia. Secondo il rappresentante degli Stati Uniti presso l'ONU, Mike Waltz, essa traccia "un nuovo corso in Medio Oriente per israeliani e palestinesi e per tutti i popoli della regione".

Il riferimento a un futuro Stato palestinese è stato inserito per ottenere il sostegno dei Paesi arabi e islamici, che dovrebbero fornire parte delle truppe per la forza internazionale di stabilizzazione (ISF). Tuttavia, il linguaggio utilizzato rimane vago e condizionale: solo dopo una riforma dell'Autorità Palestinese e l'avvio della ricostruzione di Gaza "potrebbero" crearsi le condizioni per un percorso credibile verso l'autodeterminazione.

Questo compromesso è lontano dalle richieste più esplicite presentate da Stati arabi, Paesi islamici e vari membri europei del Consiglio, che spingono per un impegno chiaro verso la soluzione dei due Stati. Nonostante ciò, diversi rappresentanti hanno accettato il testo per favorire il prolungamento dell'attuale tregua e garantire interventi immediati a sostegno dei 2,2 milioni di palestinesi nella Striscia.

Alla vigilia del voto, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha confermato la ferma opposizione del suo governo alla creazione di uno Stato palestinese, mettendo in dubbio la possibile applicazione delle misure previste dalla risoluzione.

Sebbene inizialmente sembrasse aver accettato la formulazione proposta dopo colloqui con Washington, Netanyahu ha fatto marcia indietro in seguito alla reazione negativa di alcuni membri della sua coalizione di estrema destra, ribadendo che "la nostra opposizione a uno Stato palestinese su qualsiasi territorio non è cambiata".

Una forza militare terza dovrebbe colmare il vuoto conseguente a un eventuale ritiro delle forze israeliane, occuparsi della sicurezza e assistere nella ricostruzione. Tuttavia, l'assenza di impegni concreti da parte degli Stati rende questo scenario altamente incerto.

Amar Bendjama, ambasciatore algerino e portavoce del blocco arabo, ha dichiarato che il suo Paese ha votato a favore in quanto la risoluzione stabilisce i principi essenziali: mantenimento del cessate il fuoco e creazione di condizioni per esercitare il diritto palestinese all'autodeterminazione. Bendjama ha richiamato l'attenzione sull'allegato del testo, che ribadisce il divieto di annessione, di occupazione e di trasferimenti forzati.


La risoluzione rappresenta una rara iniziativa concertata dell'ONU sulla crisi di Gaza, dopo anni di stallo diplomatico durante i quali oltre 71.000 palestinesi hanno perso la vita e si sono moltiplicate le accuse di crimini internazionali.

Tuttavia, il compromesso raggiunto comporta un linguaggio volutamente sfocato, necessario per evitare il veto di Russia e Cina. Rimangono quindi diversi punti irrisolti:

  • la struttura e la reale indipendenza del “board of peace” presieduto da Trump,
  • la composizione del comitato palestinese tecnocratico incaricato della gestione civile della Striscia,
  • la disponibilità dei Paesi a impegnarsi militarmente nella forza di stabilizzazione,
  • e la reale volontà degli attori regionali di accettare un processo politico incerto.


Mentre Hamas conferma il rifiuto totale del disarmo, la comunità internazionale attende chiarimenti su come applicare la risoluzione e su chi sarà effettivamente coinvolto nella gestione civile e militare di Gaza. Diplomatici europei sollecitano una rapida definizione dei membri del comitato tecnocratico palestinese, considerato cruciale per avviare la riorganizzazione dei servizi essenziali.

Nel frattempo Donald Trump ha celebrato il voto come "un momento di importanza storica", promettendo nuovi annunci nelle prossime settimane.

Resta da vedere se questa risoluzione sarà l'inizio di un processo reale o un altro documento destinato a restare sulla carta.

Autore Giuseppe Ballerini
Categoria Esteri
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