Ottobre 2025 porta con sé l'ennesimo promemoria di una realtà che in troppi fingono di non vedere: la produzione industriale continua ad arretrare. L'indice destagionalizzato segna un -1,0% rispetto a settembre, e nella media agosto-ottobre la flessione si attesta al -0,9%. Altro che rimbalzo, altro che ripartenza: è un declino strutturale, e ancora una volta ci si ostina a trattarlo come un incidente passeggero.

L'unico segno “più” mensile arriva dall'energia (+0,7%), e non c'è nulla da festeggiare: quando l'unica componente in crescita è quella legata ai consumi energetici, significa che l'apparato produttivo vero – cioè quello che crea beni, posti di lavoro, esportazioni – sta tirando il fiato. I beni di consumo crollano del -1,8%, i beni strumentali del -1,0%, i beni intermedi del -0,3%. È l'economia reale che si sta sgonfiando, non solo una tabella statistica.

Anche il quadro tendenziale è negativo. A ottobre l'indice generale arretra del -0,3% rispetto allo stesso mese del 2024. I beni intermedi mostrano l'unico aumento (+1,1%), ma il resto è un rosso uniforme: beni di consumo -2,0%, beni strumentali -0,7%, energia -0,2%. Se questo è il motore della competitività, come Paese non siamo messi bene.

Anche nel dettaglio per settori, l'immagine è impietosa. Certo, l'attività estrattiva vola (+5,2%), così come metallurgia (+2,7%) e gomma-plastica (+2,1%). Ma sono eccezioni che non compensano il resto. Le attività chimiche affondano (-6,6%), il tessile-abbigliamento – simbolo culturale e industriale del Paese – perde un altro -5,0%, e i prodotti petroliferi raffinati arretrano del -4,6%. Altro che “transizione ordinata”: qui si sta strappando il tessuto industriale senza aver costruito un modello sostitutivo.

Il commento tecnico fornito dall'Istat parla di “calo diffuso” e di tendenza negativa generalizzata. Tradotto: la frenata non è episodica, è sistemica. E l'unico settore che non arretra su base mensile, l'energia, non offre alcuna garanzia di sviluppo: non crea filiere innovative, non rilancia produttività, non riapre stabilimenti.

Chi continua a raccontare che siamo davanti a un rallentamento fisiologico sta vendendo fumo. Le imprese riducono capacità, gli investimenti arrancano e la domanda estera non basta più come scialuppa di salvataggio. Intanto, l'unico dato in crescita è la rassegnazione collettiva.

Se non si vuole assistere al definitivo smantellamento del sistema produttivo nazionale, è ora di guardare in faccia l'evidenza: il Paese non ha una strategia industriale degna di questo nome. E i numeri, mese dopo mese, non fanno che urlarlo.