L’ultimo Country Health Profile dedicato all’Italia fotografa un Paese che vive più a lungo di chiunque altro nell’Unione Europea, ma che allo stesso tempo sconta limiti strutturali ormai difficili da ignorare. L’aspettativa di vita tocca quota 84,1 anni, la più alta in UE insieme alla Svezia, ma il Servizio Sanitario Nazionale è minacciato da carenza cronica di infermieri, liste d’attesa che non si sbloccano, comportamenti a rischio in aumento tra i giovani e disuguaglianze territoriali che restano profonde.

L’Italia vive più a lungo, ma convive con troppe malattie croniche
Il Paese continua a migliorare nei numeri di sopravvivenza post-pandemia e riduce gradualmente il divario di genere, ma il peso delle patologie croniche resta altissimo. Malattie cardiovascolari e tumori causano oltre metà dei decessi e il 15% degli italiani convive con una malattia cardiocircolatoria. A peggiorare il quadro, quasi un adulto iperteso su due non sa di esserlo o non è trattato correttamente: un segnale inequivocabile di gestione non ottimale della prevenzione.

Giovani sempre più esposti ai rischi: fumo e sedentarietà ai livelli peggiori d’Europa
Il capitolo sui comportamenti a rischio è brutale. Tra i 15enni, uno su quattro ha fumato nell’ultimo mese, con l’Italia terza in UE dietro Cipro e Bulgaria. E le sigarette elettroniche stanno dilagando: tra i 15-16enni l’uso è passato dal 13% al 23% nel giro di tre anni.

Sul fronte obesità, i bambini non se la cavano male rispetto all’UE, ma gli adolescenti italiani risultano i meno attivi di tutta l’Unione. Nel frattempo, le disuguaglianze educative mordono forte: chi ha un basso livello d’istruzione ha il doppio delle probabilità di essere obeso rispetto ai più istruiti.

Un sistema sanitario universale che però non riesce a garantire accesso equo
La spesa sanitaria dell’Italia resta sotto la media UE e la quota di costi a carico dei cittadini è tra le più alte del continente. Questo porta molti a rivolgersi al privato, soprattutto per specialistica e odontoiatria. Non stupisce che i cittadini a rischio povertà abbiano 2,6 volte più probabilità di dichiarare bisogni sanitari insoddisfatti.

Il paradosso professionale italiano è noto ma peggiora: troppi medici, troppo pochi infermieri. Il rapporto infermiere/medico è tra i più bassi d’Europa, e la medicina territoriale arranca. Oltre metà dei medici di famiglia ha raggiunto il massimale di assistiti e la carenza stimata va dalle 3.000 alle 6.000 unità.

Risultati clinici eccellenti, ma i nodi strutturali non spariscono
L’Italia resta un riferimento europeo per le morti evitabili e i ricoveri per condizioni croniche sono tra i più bassi dell’UE. Quando la prevenzione e l’assistenza primaria funzionano, funzionano bene.

Ma ci sono due problemi che il Covid ha ingigantito e che non si sono più davvero risolti:

  • la partecipazione agli screening oncologici, ancora molto lontana dai livelli pre-pandemia e con fratture Nord-Sud enormi;
  • le liste d’attesa, prima causa di mancato accesso per il 7,6% della popolazione.

Le chirurgie programmabili non sono il collo di bottiglia: lo sono le visite e gli esami preliminari. Il nuovo Piano Nazionale di Governo delle Liste d’Attesa 2025-2027 dovrà dimostrare di essere più di un annuncio.

Farmaci: prezzi sotto controllo, ma con molti squilibri
L’Italia compra farmaci soprattutto negli ospedali, molto più della media UE. Questo consente di spuntare prezzi competitivi e spingere i biosimilari, dove siamo leader europei. Ma questa struttura genera costanti sfondamenti di budget.

Nel canale delle farmacie, invece, l’adozione dei generici resta bassa e disomogenea, e i cittadini finiscono per pagare di più del necessario. Sul fronte ricerca, pur investendo meno di altri Paesi europei, l’Italia mantiene una discreta capacità innovativa.

Resilienza e futuro: gli investimenti ci sono, la forza lavoro no
I fondi UE e il PNRR offrono un’occasione unica per digitalizzare e rinnovare il sistema, ma il nodo del personale rischia di vanificarne parte degli effetti. I laureati in medicina aumentano; quelli in infermieristica crollano a livelli inferiori alla metà della media UE. Uno squilibrio che, se non viene affrontato subito, comprometterà l’equilibrio del sistema.

A questo si aggiunge un consumo di antibiotici ben oltre gli obiettivi europei, che alimenta una resistenza antimicrobica tra le più alte in Europa.


Il quadro del 2025 mostra un’Italia che, nonostante i problemi, riesce ancora a garantire risultati clinici di alto livello. Ma il sistema è a un bivio. Senza interventi seri su disuguaglianze, personale e accesso, il principio dell’universalità rischia di restare solo sulla carta. L’invecchiamento della popolazione non è una minaccia di per sé, ma lo diventa quando mancano le risorse per sostenerlo.

In altre parole: l’Italia sta bene, ma il suo sistema sanitario non può permettersi di continuare così.