Da quando Google ha iniziato a implementare i risultati generati dall'intelligenza artificiale (AI Overviews o Search Generative Experience, a seconda della terminologia usata), editori, proprietari di siti web, esperti SEO e analisti digitali hanno cominciato a notare un fenomeno preoccupante: un calo netto nei clic provenienti dalla Ricerca Google, pur a fronte di impressioni stabili o addirittura in crescita.

La Search Console di Google, strumento ufficiale per monitorare traffico e performance organica, ha iniziato a mostrare un pattern sempre più ricorrente: il numero di volte in cui un sito appare nei risultati di ricerca le impressioni non diminuiscono — anzi, in certi casi aumentano — mentre i clic effettuati verso il sito calano in modo drastico.

Non si tratta solo di percezioni isolate. Report di terze parti (come quelli di SimilarWeb, SparkToro o Search Engine Land) lo confermano: il tasso di clic (CTR) organico è in caduta libera. In particolare, le ricerche in cui l'utente cerca risposte brevi o specifiche vengono sempre più "intercettate" dalla risposta diretta dell'IA, che rielabora contenuti provenienti dai siti stessi e li mostra direttamente nel motore di ricerca, senza che l'utente debba fare clic su nulla.

Google, dal canto suo, non ha smentito apertamente, ma non è una novità, adottando una narrativa diversa: secondo l'azienda, l'introduzione dell'IA porterebbe a risultati "più utili e diversificati" che migliorano l'esperienza utente e, di conseguenza, "generano un traffico di qualità superiore". Ma a livello pratico, per molti publisher questo "traffico migliore" si è tradotto in molto meno traffico!

Questo cambiamento colpisce in modo particolare i piccoli editori, che contavano su un flusso stabile di traffico da articoli informativi; i siti specializzati, che fornivano risposte approfondite a query specifiche e ora si vedono "saccheggiare" i contenuti dalle risposte dell'IA senza ricevere neppure un clic in cambio.

L'IA di Google si alimenta dei contenuti che trova online, li rielabora e li restituisce all'utente come se fossero frutto della propria intelligenza. In realtà, quei contenuti vengono da siti reali, da persone reali, che ora però vedono svanire il ritorno del loro lavoro. In sostanza, Google raccoglie dati dal web, li presenta in modo sintetico e tiene l'utente "dentro" l'ambiente Google, impedendo che il traffico si riversi sui siti originali.

Questo meccanismo è, di fatto, una forma di intermediazione tossica: chi produce valore (i contenuti) viene progressivamente disintermediato proprio dal motore di ricerca che da anni si proponeva come ponte tra chi cerca e chi offre informazioni. Google sta cannibalizzando il "web" e, al tempo stesso, si sta anche suicidando, perché dopo aver progressivamente "ucciso" le fonti delle sue informazioni, dove potrà poi trovare i contenuti per rispondere alle ricerche degli utenti?

Si affiderà alla "creatività" e alla "fantasia" dell'IA? Il signor Pichai, CEO di Google, questo non lo ha spiegato.