Negli ultimi mesi chi lavora nei reparti lo vede sulla propria pelle: organici insufficienti, turni sfiancanti, richiami continui. A questo quadro già complicato si è aggiunta una nuova incertezza, nata da un’interpretazione dell’Agenzia delle Entrate che restringe l’applicazione dell’imposta sostitutiva al 5% sugli straordinari. In pratica, secondo questa lettura, non tutte le ore aggiuntive degli infermieri rientrerebbero nell’agevolazione, comprese quelle svolte dopo una pronta disponibilità con richiamo o nei servizi elettorali. Una scelta che, per chi conosce i contratti e la normativa, suona stonata.
Il punto è semplice: il nostro ordinamento definisce un unico istituto di lavoro straordinario. Quando la pronta disponibilità si trasforma in rientro in servizio, quelle ore sono straordinario a tutti gli effetti. Lo dicono il D.Lgs. 66/2003 e i CCNL. Introdurre distinzioni non previste dalle parti contrattuali significa creare caos amministrativo, discrezionalità tra aziende e, soprattutto, incertezza per chi sta già reggendo reparti in difficoltà.
Nessuno pensa che lo straordinario sia la soluzione ai problemi del sistema. Chi lavora in sanità lo sa bene: più ore non significano più qualità, anzi espongono al rischio reale di burnout. Ma finché gli organici non saranno adeguati, gli straordinari rimangono la toppa che evita il collasso dei turni e garantisce l’assistenza. E quella toppa deve essere pagata correttamente, senza interpretazioni creative o ritardi nei cedolini.
Serve quindi un chiarimento che ristabilisca la cornice contrattuale: il richiamo dalla pronta disponibilità è straordinario e deve essere tassato al 5% come previsto. Servono procedure aziendali rapide e uniformi per evitare ritardi e disallineamenti. Serve soprattutto un piano assunzionale vero, perché senza nuove assunzioni lo straordinario diventa la normalità, non l’eccezione. Va poi garantito il monitoraggio dei limiti annuali per evitare turni massacranti e tutelare il diritto alla formazione, che non può essere sacrificato sull’altare delle urgenze quotidiane.
In tutto questo, un tavolo tecnico permanente tra Ministeri, Regioni, aziende e parti sociali sarebbe ciò che manca: un luogo stabile dove allineare le interpretazioni, monitorare i volumi di straordinario e affrontare tempestivamente le criticità.
Questa non è una battaglia astratta. Se salta la coerenza delle regole, a pagarne il prezzo sono sempre gli operatori e i pazienti. L’agevolazione fiscale va applicata correttamente finché non avremo organici adeguati in tutti i reparti. La prossima tornata contrattuale dovrà fare la sua parte nel rendere le retribuzioni più attrattive e nel valorizzare il personale.
La norma che finanzia l’agevolazione esiste e ha coperture adeguate, altro motivo per cui l’interpretazione restrittiva appare poco convincente. E se necessario, chi rappresenta i lavoratori è pronto a tutelarli anche sul piano legale.
Un dibattito pubblico chiaro e informato può aiutare a riportare al centro chi ogni giorno tiene in piedi il sistema: infermieri, operatori, professionisti e i servizi che garantiscono alla cittadinanza.


