Un’analisi paneuropea appena pubblicata lancia un messaggio chiaro: limitare il riscaldamento globale a 3°C non basta. Anche se gli obiettivi climatici attuali riuscissero a centrare questo traguardo — già di per sé deludente rispetto agli impegni di Parigi — il numero di morti causate da temperature estreme potrebbe aumentare drasticamente. Entro la fine del secolo, senza misure di adattamento efficaci, si stimano fino a 55.000 decessi in più all’anno legati al caldo o al freddo. È un aumento del 13,5% che sottolinea, senza mezzi termini, quanto l’inazione abbia un costo umano.


Un’Europa diseguale davanti alla crisi termica

La valutazione, firmata anche da ricercatori del Centro Comune di Ricerca (JRC) dell’Unione Europea, mette in luce enormi disparità geografiche. Attualmente, i decessi legati al freddo sono 2,5 volte più frequenti a est che a ovest, mentre quelli legati al caldo sono oltre sei volte più comuni nel sud che nel nord. Non è solo una questione climatica: età della popolazione, condizioni socioeconomiche e vulnerabilità ambientale locale giocano un ruolo decisivo.


Il freddo oggi, il caldo domani

A oggi, il freddo uccide molto più del caldo: circa 363.500 decessi annui contro 43.700, in un rapporto di 8,3 a 1. Ma questo equilibrio è destinato a cambiare. In uno scenario di riscaldamento globale di +4°C, si prevede che le morti da caldo esploderanno, riducendo il rapporto a 2,6 a 1. L’ondata di calore sarà il vero killer del futuro, spinta da due fattori principali: il cambiamento climatico e l’invecchiamento demografico.


Chi pagherà il prezzo più alto?

Nel dettaglio, lo studio ha analizzato i dati di 1.368 regioni in 30 paesi europei (inclusi EU27, Regno Unito, Norvegia e Svizzera). Con un riscaldamento di 3°C, si stima che la mortalità da calore potrebbe triplicare. Le nazioni mediterranee saranno quelle più colpite:

  • Italia: da 10.433 a 28.285 morti annui per caldo
  • Francia: da 3.061 a 13.564
  • Spagna: da 4.414 a 20.194
  • Grecia: da 1.730 a 4.767

Il rischio crescerà in tutta Europa, ma le conseguenze saranno estremamente variabili: si passa da una diminuzione di 29 decessi in Lettonia a un’impennata di 95 in più a Malta, per ogni 100.000 abitanti.


Hotspot di rischio: sud Europa nel mirino

Entro il 2050, le aree con rischio più elevato saranno concentrate nel sud: regioni di Spagna, Italia, Grecia e buona parte della Francia. L’Europa orientale, sebbene destinata a un riscaldamento più marcato, vedrà un calo della mortalità generale, che potrebbe controbilanciare il rischio. Nel nord, estati più calde non saranno ancora letali, ma l’invecchiamento della popolazione renderà queste regioni sempre più vulnerabili.


I dati sono più che numeri: sono un campanello d’allarme per i decisori politici. Serve un’azione concreta per rafforzare la resilienza dei sistemi sanitari e proteggere le comunità più esposte. Aspettare significa mettere a rischio vite umane, in un’Europa che sta già pagando il prezzo della crisi climatica.

Il futuro è scritto nelle proiezioni: sta ai governi scegliere se ignorarlo o affrontarlo con coraggio.