La scarcerazione per decorrenza dei termini di custodia cautelare di dodici esponenti del clan Moccia rappresenta un segnale molto grave nella lotta alla criminalità organizzata. Tornano in libertà boss pericolosissimi del calibro di Antonio, Gennaro e Luigi Moccia. Una disfatta probabilmente evitabile.
Il caso solleva preoccupazioni riguardo all'efficacia dell’attuale sistema processuale e al rischio che i mafiosi scarcerati possano tornare a delinquere impartendo ordini e ostacolando persino le indagini in corso.
Questa tipologia di scarcerazione rafforza notevolmente il potere delle organizzazioni criminali sul territorio e, di fatto, scoraggia la collaborazione con la giustizia, alimentando addirittura la paura di denunciare. La scarcerazione di mafiosi per vizi procedurali di questo tipo mina anche la fiducia dei cittadini nel sistema repressivo.
La vicenda danneggia l'immagine della lotta alla criminalità organizzata finanche a livello transnazionale poiché il clan Moccia è un’organizzazione criminale di livello superiore, ben organizzato, sul modello di una vera multinazionale del crimine con contatti rilevanti di matrice politica, economica, finanziaria e perfettamente interconnesso con la società civile. Abilissimo nel riciclaggio di denaro sporco il clan ha affari in ogni settore economico anche a livello internazionale.
I Moccia sono ben inseriti nel tessuto sociale e le loro attività legali sono parte importante del sodalizio criminale. Le Relazioni della DIA riportano affari del clan camorristico nell’alta velocità, nelle reti della grande distribuzione, nel turismo e nei trasporti anche a livello transfrontaliero. Sono proprietari di aziende nella Capitale e investono nella gestione e nello smaltimento dei rifiuti in diversi territori italiani.
Sul piano criminale sono paragonabili alle “nuove mafie”. Sono pertanto strutture transnazionali, mercatistiche, corruttrici e invisibili. Proprio per queste caratteristiche le scarcerazioni potrebbero rappresentare una patologia che si sta manifestando all’interno del vigente sistema processuale penale italiano e che non va assolutamente sottovalutata.
Vincenzo Musacchio, criminologo, docente di strategie di lotta alla criminalità organizzata transnazionale, associato al Rutgers Institute on Anti-Corruption Studies (RIACS) di Newark (USA). È ricercatore indipendente e membro ordinario dell’Alta Scuola di Studi Strategici sulla Criminalità Organizzata del Royal United Services Institute di Londra. Nella sua carriera è stato allievo di Giuliano Vassalli, amico e collaboratore di Antonino Caponnetto, magistrato italiano conosciuto per aver guidato il Pool antimafia con Falcone e Borsellino nella seconda metà degli anni Ottanta.


