Il progetto Albania del governo Meloni rischia ormai di implodere sotto il peso delle sue stesse forzature. Ieri la Cassazione ha fatto quello che in politica nessuno aveva avuto il coraggio di dire chiaramente: la norma che consente di trattenere nei centri di Gjader anche i migranti già presenti in Italia è un mostro giuridico, con "palesi" profili di incostituzionalità.

Per la prima volta nella storia della Repubblica, un governo ha provato a legittimare per legge la privazione della libertà personale senza alcun titolo.

Una misura che non ha nulla a che vedere con la sicurezza o la gestione dei flussi migratori, ma che puzza di arbitrio. E che, come sottolineano gli ermellini, colpisce al cuore i principi su cui si regge lo Stato di diritto: lo status libertatis e l'habeas corpus, conquiste che affondano le radici nella Magna Charta del 1215. Non esattamente un dettaglio.

Il governo ha infilato la norma in fase di conversione del decreto di marzo, cercando di tappare la falla aperta dalle sentenze della Corte d'appello di Roma. Da aprile i giudici romani ordinano infatti il rientro in Italia di chi fa domanda di asilo a Gjader, svelando l'incompatibilità del progetto con il diritto europeo. Meloni e i suoi hanno provato a ribaltare la partita con un colpo di mano legislativo, ma la Cassazione ha stoppato la mossa, rinviando tutto alla Consulta.

Il nuovo problema riguarda il rientro a Bari da Gjader per i richiedenti asilo: per un massimo di 48 ore, quei migranti restano dietro le sbarre senza alcuna convalida giudiziaria. Due giorni di detenzione, priva di giustificazione. Una zona grigia che ricorda i metodi dei regimi autoritari, non quelli di una democrazia costituzionale. È qui che, secondo la Cassazione, si consuma la violazione degli articoli 3, 11, 24, 111 e 117 della Costituzione, oltre che delle convenzioni internazionali.

Tutto nasce con il caso di un cittadino senegalese, passato dal Cpr di Bari a Gjader e poi di nuovo in Italia dopo aver chiesto asilo. La Corte d'appello di Roma ne aveva ordinato la liberazione, ma il questore di Bari ha firmato un nuovo trattenimento, prontamente convalidato dai giudici locali. Una forzatura che la Cassazione non ha perdonato: «Spettava a quel giudice sollevare la questione di costituzionalità», hanno scritto gli ermellini.

Il migrante resta comunque in detenzione, perché la Cassazione non poteva disporne la scarcerazione. Ma il messaggio è chiaro: altri giudici possono (e forse devono) liberarlo.

Al 2 settembre erano 24 i trattenuti a Gjader. Tutti potrebbero trovarsi nella stessa condizione di illegittimità. Ogni nuovo trattenimento rischia di trasformarsi in un boomerang giudiziario, con costi inutili e un logoramento istituzionale evidente.

Il governo aveva venduto il progetto Albania come la risposta dura e risolutiva al caos migranti. La realtà, oggi, è ben diversa: l'impianto rischia di crollare, non sotto le pressioni delle ONG o dell'opposizione, ma per mano dei giudici italiani ed europei. Perché la Costituzione, piaccia o meno a Palazzo Chigi, non è un optional.