L’irruzione di alcuni manifestanti pro-Palestina nella redazione del quotidiano La Stampa ha acceso un dibattito acceso non solo sul gesto, ma soprattutto sulle reazioni istituzionali che ne sono seguite. Tra queste, quella di Francesca Albanese, relatrice speciale ONU per i territori palestinesi, ha fatto discutere più di tutte.

Albanese ha condannato apertamente l’assalto definendolo violento e inaccettabile, chiarendo che protestare non può mai significare minacciare o intimidire le persone. Allo stesso tempo però ha aggiunto una frase che ha incendiato il clima politico: secondo lei, l’episodio dovrebbe far riflettere il mondo dell’informazione sul modo in cui vengono raccontati i fatti legati al conflitto israelo-palestinese e più in generale alle tensioni internazionali.

Questa sfumatura è stata letta da molti come una sorta di giustificazione indiretta, o quantomeno come una normalizzazione di un atto intimidatorio. Alcuni rappresentanti politici hanno reagito duramente sostenendo che nessuna violenza può diventare un “messaggio utile” o un monito, qualunque sia il contesto o la causa.

Il dibattito resta aperto e porta sul tavolo un tema delicato: fino a che punto la critica al modo di fare informazione può essere parte del dibattito democratico e quando invece rischia di diventare un alibi per chi vuole imporre le proprie idee con la forza?